Il Garantista sul carcere dell’Aquila
L’Aquila – Nove donne sepolte vive, così titola oggi Il Garantista, a firma di Francesco Lo Dico, che tra l’altro scrive: “Ora d’aria in compagnia di una sola detenuta, in una vasca di cemento da tre metri per tre. Massimo due libri e due quaderni: ma tutti tacciono.
Sanno in pochi a quale tipo di asprezze va incontro un detenuto che è sottoposto al 41 bis, regime di carcere duro. E sono ancora meno quelli che conoscono la realtà della sezione femminile del carcere delle Costarelle, L’Aquila, dove le nove recluse vivono in un regime di carcere duro più duro degli altri. Le donne che lo abitano sono seppellite vive da anni. Recluse in un sepolcro entro il quale scalciano. Oltre il quale nessuno può sentirne lo strazio. Vivono in isolamento totale. Non riescono a far sentire la loro voce.
A far sapere all’esterno quale sia la quotidiana umiliazione della loro dignità , in spregio delle stesse norme che regolano il 41 bis. “Un carcere femminile peggiore di Guantánamo e di Alcatraz”, lo definisce l’esponente politico del centrosinistra aquilano, Giulio Petrilli. Un autentico bunker, dove è in vigore l’isolamento totale.
Qui alle Costarelle, dove la sezione femminile speciale fu inaugurata nell’autunno del 2005 da Nadia Lioce, Laura Proietti e Diana Blefari, brigatiste coinvolte nei delitti Biagi e D’Antona, le detenute sono trattate peggio dei boss mafiosi. Le loro celle si trovano alla fine di un lungo tunnel sotterraneo. Sono grandi due metri per due. Si affacciano sul nulla. E ancora peggio di così va per l’ora d’aria. Alla maggior parte dei boss mafiosi è consentito socializzare, scambiare due chiacchiere nell’in gruppi di sei persone”.
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