AE, gli 800 dirigenti che non potevano dirigere
L’Aquila – LA CORTE COSTITUZIONALE BOCCIA LE AGENZIE FISCALI, DINO ROSSI AVEVA RAGIONE… – Tra le cose che si ricordano del defunto Remo Gaspari, sicuramente uomo saggio oltre che politico di insuperata potenza, una frase che sesso ripeteva: “L’avev dett ji”, lo avevo detto io… Così se ne usciva quando avveniva qualcosa che lui riteneva di aver previsto, inascoltato.
Potremmo adattare la frase a Dino Rossi, il pugnace fondatore a Ofena del Cospa allevatori d’Abruzzo, un movimento che si occupa dei problemi e soprattutto delle ingiustizie. Tante in questo scassato paese chiamato Italia. Rossi da mesi alle prese con il fisco, che lo accusa di evasione, ma non gli dice quanto – a suo giudizio – dovrebbe versare, ripeteva e dichiarava che le agenzie fiscali avevano dipendenti non titolati a fare quel che facevano. E lo ripetevano i suoi legali sulle carte bollate schierate a contrastare nei tribunali le attenzioni del fisco.
Ora a dare ragione a Rossi – ma anche ad altri – non è un tribunale, ma addirittura la Corte costituzionale. Che ha decreto una volta per tutte: sono illegittime le promozioni senza concorso anche dei funzionari AE, ovvero ben due terzi delle posizioni. Se non è una bomba atomica, è comunque una bomba che apre una serie di problemi tra i quali molti contribuenti trovano di che cantare vittoria.
Spieghiamoci.
La Corte ha dichiarato nei giorni scorsi la illegittimità delle norme che hanno permesso negli anni alle agenzie fiscali di attribuire incarichi dirigenziali – e stipendi – in attesa di un concorso mai bandito. Gente diventata dirigente in violazione dell’art.97 della Costituzione. Puntando i fari sull’Agenzia delle Entrate, che ci interessa in questo discorso, si apprende che vi operano 800 dirigenti facenti funzione su 1100. Quasi due terzi. Operano senza concorso. La situazione era ritenuta legittima evidentemente dai vertici ministeriali, ma non dai sindacati, che avevano fatto ricorso ai tribunali amministrativi e al Consiglio di Stato.
Quest’ultimo organismo aveva alla fine fermato tutto, sollevando quesito di legittimità costituzionale. Ed ora la Corte ha detto: sì, avete ragione. Sentenza definitiva e inappellabile, come dire: caso chiuso. Le parole della Corte sono legge.
La notizia è finita sulle pagine nazionali a grandi titoli. Le agenzie si trovano nei guai. Impatto devastante dalla sentenza che, come persino un modesto giurista ammette subito, era del tutto prevedibile.
Cosa si dovrà fare per mettere ordine negli organici zeppi di dirigenti che non potevano essere dirigenti, ma lo sono stati e come tali hanno operato?
Per i cittadini il quesito essenziale è ovviamente un altro. Le azioni di tali dirigenti, quindi azioni di natura fiscale, sono valide? I vessati dal fisco potranno rivalersi? Un problema grosso e spinoso, e prevedibilmente una mole enorme di azioni legali. Una tempesta perfetta, all’italiana. Dalla quale bisognerà però uscire con coraggio e chiarezza. Due cose che nel nostro paese arruffone, confusionario e sempre animato dalla peggiore delle furberie, più che dal rispetto delle leggi, mancano su larga scala.
E se siamo arrivati ad una situazione che finalmente è chiara, ad una matassa districata, un po’ si deve anche all’abruzzese che non si arrende mai, Dino Rossi di Ofena. E un altro po’ anche a noi, che ci siamo sempre occupati – non in numerosa compagnia – giornalisticamente delle scapigliate, pittoresche “imprese” dell’uomo che portò un pallottoliere ad Equitalia. Imbarazzata e titubante anche in quella occasione. Non quando offrì poltrone da dirigente a tanti che non avevano superato alcun concorso. Era il dicembre del 2014, e risposte, dice Rossi, non ne ho ancora avute. “Non riesco a farmi dire quanto pretendono da me” dice.
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