“La nostra nuova vita dipenderà da noi”
L’Aquila – (di Fabrizia Aquilio, avvocato) – Inizia un nuovo anno. Di solito leghiamo l’inizio dell’anno nuovo anno a momenti propiziatori, esprimiamo desideri che vorremmo vedere realizzati, esultiamo comunque, perché ogni nuova nascita è da accogliere con gioia e pensiamo di poter in qualche modo vedere il nuovo, quello che ancora non è stato, nella nostra vita.
Avrei voluto saltarla, questa festa, trovarmi direttamente ad un qualunque 2 gennaio, per non dover fare i conti con me stessa, con la mia amarezza per quello che non può più essere, con la mia rabbia per tutte le vite strappate alla loro vita, spezzate dai loro affetti e dai loro programmi.
Il desiderio che con ostinazione mi trovo nella mente, ora che il lungo esilio è terminato, ora che una qualche regolarità domestica è tornata, sia pure tra gli scatoloni ancora da aprire e cose della vita passata da non sapere dove poter sistemare, è quello di poter tornare , come per magia, alla mia vita di sempre: sono sovrastata dalla nostalgia della mia passata quotidianità . Svegliarmi con la casa inondata di sole, salutare i tetti della Città antica mentre preparo la colazione, salutare mio figlio che esce a piedi diretto alla sua scuola, organizzare i caotici impegni della giornata, districandoli tra quelli di lavoro e quelli domestici, e poi tuffarmi nella città nella solita lotta contro il tempo.
Ancora non riesco ad elaborare il lutto del distacco. La porta che si chiudeva sulla mia casa svuotata dal trasloco mi ha fatto investire dall’onda di tutti i momenti vissuti tra quelle calde pareti, le corse a gattoni con mio figlio, le chiacchiere sul divano, le candeline da spegnere, il profumo delle torte appena cotte, le partite a pallone nel corridoio, la liberazione di chiudere a chiave il mondo fuori alla fine della giornata.
Continuo a ripetermi che le cose sono solo cose. Anche quando sono la tua casa. L’importante è esserla cavata. Eppure non basta. E come può bastare quando è la tua intera Città che si è sgretolata assieme alla tua casa?
Osservando ancora oggi con incredulità le macerie e le lacerazioni non mi riconosco più. Rincorrendo i recentissimi ricordi di vita tra quei vicoli, quei portici, di fronte a quelle fontane non sono in grado di riconoscermi, non mi ricordo di me, svanisco nel silenzio senza più vita.
Quando potrà accadere di nuovo? Chi sarò quando queste chiese si riapriranno al suono delle campane? Quando questi caffè profumeranno nei vicoli? Quando i colori del frutta animeranno le mattine del mercato? Quando i ragazzi tireranno mattina nelle piazzette in musica?
Ma c’è il nuovo anno.
E reclama di essere vissuto.
E scuotendomi a forza da questa nebbia cerco di guardare la realtà per quella che è e cerco di intravede veramente il nuovo come effettiva soluzione all’apocalisse che ci è toccata in sorte di vivere.
Ecco quindi che si materializzano gli auspici perché L’Aquila e, quindi, noi possiamo avere una vita veramente nuova.
In questi giorni si inseguono e si sovrappongono proposte, di urbanisti, di storici, di architetti, molte sicuramente con intuizioni positive, alcune con banalità ridondanti, altre da mettere nel cestino con risolutezza, ma tutte spinte dal comune sentimento di andare avanti.
Questo è l’auspicio per L’Aquila.
Andare avanti e permettere alla nostra Città non solo di tornare ad essere quello che era ma anche e soprattutto quello che non è mai stata.
Auguro alla mia Città ferita l’intelligenza di ricostruire l’antico, memoria di gloriose vestigia, ma con le tecniche più innovative perché mai più possa procurare morte, l’intuizione di saper trovare da subito opportunità per tutti i suoi giovani che, decidendo di restare, le hanno già dato un futuro, la forza di saper combattere contro il tempo, che dovrà essere quello giusto, per evitare che la fretta possa aprire il fianco a ricostruzioni senza scrupolo.
E poi, finalmente, il coraggio di osare il nuovo: farla diventare una città di avanguardia dove con armonia l’antico cuore possa convivere con l’architettura contemporanea più innovativa, con soluzioni sicure ma ardite, belle e alimentate con energie ecologiche, tanto da essere esse stesse forza attrattiva.
Auguro a L’Aquila l’audacia di farle muovere, quelle ali, dall’immobilità nella quale sono state murate dalla pigra e stantia intellighenzia dei suoi sterili pensatori.
Un nuovo anno è arrivato.
E forse è arrivato il tempo di saper recidere con tutto quello che non può più essere.
La nostra nuova vita può dipendere solo da noi.
(Nella foto l’avv. Fabrizia Aquilio)
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