Tra i commercianti, spiragli e segni di declino
L’Aquila – (Foto: bancone di salumeria e sotto aglio “italiano” sfuso, che costa anche 80 centesimi a “testa”) - I commercianti, li conosciamo bene, si tirano indietro se per intervistarli chiedi loro nome e permesso di scattare foto. Pretendono garanzie di anonimato: per poterli sentire, quindi, le forniamo: niente nomi, niente foto. In compenso, confidenze. Speriamo vere.
Volevamo tastare il polso al commercio aquilano, quello che stenta a rivivere, o almeno così garantisce, benché qualche segnale di ripresa ci sia: spiragli e segni di declino, o in corso, o già sfociato in chiusure e rinunce. O in atti di eroismo per chi ha deciso di riaprire in centro. E ora teme l’inizio dei lavori (ciclopici) per i tunnel dei sottoservizi. Chi sa quanto tempo, chi sa quanti nuovi disagi. La parola lavori terrorizza i commercianti: basta pensare a quelli in corso in viale Corrado IV, del resto inevitabili. Come quelli per i sottoservizi.
Parliamo con bottegai, titolari di supermercati rionali, un ambulante, commercio di piccole dimensioni. Come va?
“Nell’ultima settimana – dice il padrone di un piccolo centro commerciale – un po’ meglio. Qualche segnale lo abbiamo visto. Ma anche di recente, è andata malissimo, ho dovuto licenziare”.
Cosa pensa sia accaduto?
“Non so, mi pare che in qualcuno sia tornata un po’ di fiducia. Magari spendono volentieri anche i famosi 80 euro che si tenevano in tasca fino a ieri”.
Ottanta euro che per una famiglia a due stipendi sono 160?
“Certo, mica poi tanto poco. Un po’ di spesa in più ci si può fare”.
Cosa avete subito di peggio negli ultimi uno-due anni?
“Per me i buoni pasto: sono stati una jattura. Ora sono costretto a imporre un piccolo onere ai clienti, l’8 per cento. Ne ho persi alcuni, ma pazienza: non si poteva andare avanti”.
Ha parlato di ritorno della fiducia. In chi, in cosa?
“Chi sa, forse il silenzioso presidente Mattarella, o la voglia di fare di Renzi. Staremo a vedere come andrà a Pasqua”.
Mentre parliamo, un paio di signore malferme e anziane chiedono un etto di mortadella al banco. Vengono 110 grammi, va bene lo stesso? “No - dicono all’unisono – abbiamo detto un etto, 100 grammi, semo ddù, chi se la magna?”
Per fortuna un altro cliente declama a voce altissima: “Mittime da parte ddù fegati dolci pe’ Ppasqua… Po’ mi ji vengo a pijà ”.
Sbirciamo nella vetrina di un negozio di frutta e verdura. Ci colpiscono degli agli sfusi. Prezzo, 80 centesimi, ma al pezzo, dice il cartello bisunto. Una “testa” di aglio 80 centesimi, ovvero 1600 lire? E quanto costano al chilo? La donna grassa e disfatta dietro il bancone si stringe nelle spalle. Non parla, ma pure lei è d’accordo. Di questo passo, non si va da nessuna parte.
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