Verso la Corte suprema di cassazione


Per poter fare le considerazioni che farò sullo stato attuale del processo alla cosiddetta CGR (Commissione Grandi Rischi), di cui sono parte civile, devo per forza di cose partire dal presupposto dell’assoluta buona fede ed imparzialità del Tribunale dell’Aquila in tutti e due i gradi di giudizio sia per quanto riguarda le indagini che per quanto riguarda le due sentenze. Diversamente, qualsiasi ragionamento, sul perché e sul percome siano state fatte delle scelte piuttosto che altre anche in termini di indagini oltre che di giudizio, sarebbe inutile in quanto le istituzioni, ai massimi livelli sarebbero, malate e corrotte ed ogni attività processuale risulterebbe solo un inutile e costoso esercizio teatrale con dei finali già stabiliti in altre sedi per dei fini che nulla hanno a che vedere con le ragioni di uno stato civile, seppure giovane, con tanto di costituzione, e con tanto di art. 28 e art. 3 ben scritti nella stessa.

Ciò detto, e ciò stabilito come ipotesi di base per il successivo ragionamento, ricordo, sempre a me stesso, che i tribunali per perseguire la loro missione considerano solo i fatti, le fattispecie ed il diritto, declinato in norme, giurisprudenza e sentenze già promulgate da altri giudici per altri casi di vita. I fatti, le fattispecie ed il diritto vengono presentate, prima alla procura e poi a dei giudici da degli uomini, parte in causa del processo e da altri uomini che lavorano come avvocati delle parti in causa o come collaboratori periti non di parte del tribunale o come dipendenti dello Stato nel caso degli organi investigativi, dei pm e dei giudici. Gli attori sono tutti uomini e quindi tutti con dei limiti culturali che portano ciascuno a commettere degli errori anche involontariamente.

Per ultimo, ricordo sempre a me stesso che esiste la verità che uno vive, la verità processuale e la verità storica. Le tre verità, anche nella migliore delle ipotesi non si sovrappongono mai essendo ogni momento della vita irripetibile per una questione di variabili ambientali (oggettive) e culturali (soggettive) in continua combinazione ed evoluzione. Molte di queste cose che pongo a premessa le ho apprese nei 5 anni di processo penale dopo l’evento naturale del 6 aprile del 2009 preceduto da un altro evento umano che ancora non riesce a trovare la sua verità processuale e che riguarda i comportamenti posti in essere, prima del 6 aprile 2009, da alcuni funzionari dello Stato che hanno portato alla morte centinaia di persone nella città dell’Aquila. E’ del tutto evidente che, sebbene tali comportamenti siano stati riconosciuti dagli stessi imputati in varie circostanze, anche su richiesta diretta dei giudici, e nonostante ci siano le conferme delle causalità sancite da una corte del secondo grado di giudizio ormai incontrovertibili, i meccanismi della giustizia con tutta la sua procedura di elaborazione dei fatti, delle fattispecie e delle norme rappresentate dalle parti in causa, da bravissimi avvocati, da bravissimi periti, da eccellenti procuratori della repubblica e da giudici imparziali, la verità processuale non riesce a sovrapporsi se non in pochi punti di una retta alla verità vissuta da parte dei cittadini aquilani.

Lo Stato non riesce a trovare la fattispecie giusta, la norma, il comma della norma, la giurisprudenza e la sentenza di un altro giudice per altri fatti, idonei a rappresentare uno Stato autore di una strage della sua popolazione per mano e per atti di suoi funzionari pubblici. La cosa è talmente inverosimile che, anche laddove è stata evidente fin dai primi giorni, dopo 5 anni, viene rimossa sistematicamente dalle ipotesi del possibile da chi ne è diretto testimone. Eppure tutti nel mondo lo sanno. Tutti i governi del mondo sanno quello che è successo all’Aquila. Solo l’Italia lo rimuove, eppure anche gli stati giovani devono diventare grandi con atti di giustizia prima ancora che atti eroici sia perché la verità vissuta lo urla, a volte a più voci ed a volte a poche voci rimaste a combattere, sia perché la verità storica già dalla prossima generazione lo sentirà molto bene questo urlo e lo testimonierà con della letteratura che sarà durissima nel giudizio verso tutti gli attori sopra menzionati che pur di non sovrapporre o almeno avvicinare la linea della verità processuale a quella della verità vissuta hanno fatto per anni salotto giurisprudenziale nelle aule con tanto di toghe che svolazzavano da una parte all’altra e con perfetti rituali di procedura penale accompagnati dall’eloquenza in alcuni casi artificiosamente delirante al punto da sembrare teatrale e da far sembrare gli inermi attori del vissuto, compatiti e relegati all’angolo delle aule dei tribunali, come spettatori di un processo che tutto sembra tranne che quello che riguarda i fatti vissuti.

Ora si va verso la Cassazione. Ma prima dell’ultima battaglia dagli esiti incredibilmente ancora incerti, grazie all’enorme lavoro di comunicazione di massa posto in essere da quel sistema Italia ancora sotto processo, voglio fermare i pensieri attuali su cosa penso di aver capito dal giudizio della Corte di Appello del Tribunale dell’Aquila e cosa immagino succeda nella mia visione ideale del processo.

Innanzitutto ho capito che,

essendo gli imputati del primo grado stati condannati essenzialmente per due motivi:

- per non aver fatto l’analisi del rischio quali componenti la CGR come previsto dalla normativa di riferimento;
- per aver comunicato concetti non scientifici in modo superficiale spingendosi in varie circostanze prima, durante e dopo l’evento CGR, anche collegialmente, a fare delle previsioni di non evento senza nessun valido presupposto e ad infondere teorie tranquillizzanti in merito alla bontà delle scosse giornaliere. Il tutto senza effettuare alcuna smentita su quanto emerso dall’evento a livello nazionale e locale nel lasso di tempo che andava dal 31 marzo 2009 al 5 aprile 2009.

gli avvocati degli imputati, sia privati che dello Stato, visti i risultati, hanno portato all’attenzione della corte giudicante in secondo grado le giuste rappresentazioni delle fattispecie, i giusti riferimenti normativi e le giuste sentenze di altri giudici utili a dimostrare una verità processuale secondo cui:

1) La cosiddetta riunione della CGR non era una riunione della CGR perché formalmente invalida (convocazione, numero componenti, delibera finale) e quindi facendo decadere la prima accusa del primo grado nei confronti di tutti gli imputati e non imputati. Quella che ci fu a L’Aquila il 31 marzo 2009, a prescindere da ciò che le parti in causa, morte o imputate, cittadini o giornalisti, pensavano, fu una perlustrazione di esperti prevista da un comma della normativa di riferimento e tutti i partecipanti avevano il sacrosanto diritto di dire tutto ed il contrario di tutto sul pericolo ed in alcuni casi non dire niente sull’esposizione o sulla vulnerabilità del contesto di riferimento esposto allo sciame sismico insistentemente da alcuni mesi, senza per questo dover essere ricondotti in qualità di esperti ad una fattispecie penalmente rilevante. Ovviamente questa della perlustrazione è una via di fuga giuridica perché tutti gli attori hanno evidenziato come all’Aquila non ci fu ne una CGR ne una perlustrazione della CGR bensì solo un’operazione mediatica volta ad annullare attraverso persone credibili dalla popolazione i messaggi diffusi da un ricercatore locale che voleva allertare senza basi scientifiche la popolazione.

Per quanto riguarda l’etica, le aule del tribunale non sono idonee a dare giudizi e l’opinione pubblica si è già ampiamente espressa, salvo qualche lacrima di coccodrillo, su quale parte seguitare a sostenere elargendo cattedre accademiche, premi, encomi, applausi assembleari, foto ricordo e riconoscimenti di ogni tipo agli imputati, agli ex imputati ed ai futuri imputati.
Tutta l’organizzazione utile a ripulire la scena del crimine posta in essere dalla Protezione Civile Nazionale, con elicotteri che il 6 aprile 2009, invece di soccorrere le vittime ancora sotto le macerie, svolazzavano da una parte all’altra dell’Italia per portare all’Aquila gli esperti della CGR, con residenza in varie parti d’Italia, e far firmare loro i vari post verbali, con l’intestazione della Presidenza del Consiglio dei Ministri della Repubblica Italiana e con all’oggetto la dicitura “riunione della commissione grandi rischi”, scritti, riscritti e aggiustati a tavolino da mani esperte perché anche gli imputati, gli ex imputati ed i futuri imputati erano convinti, vittime anche loro della loro stessa operazione mediatica, di aver fatto una CGR che prevedeva un verbale, poteva essere risparmiata e non capisco come mai, sulla base della sentenza di secondo grado, la giustizia contabile non chiede ancora il risarcimento per danno erariale agli attori in causa visto che per un verbale della perlustrazione non serviva muovere gli elicotteri al costo di decine di migliaia di euro all’ora per tutta l’Italia, con tanta urgenza, e forse non serviva neanche redigerlo così come emerso dall’ultima sentenza.

2) In merito al secondo capo d’accusa, la sentenza dice che nessuno degli esperti in perlustrazione comunicò con la popolazione in qualità di membro della CGR per due motivi, il primo perché non ci fu formalmente una CGR, il secondo perché per previsione normativa, i membri della CGR potevano riportare considerazioni e deliberati solo alla Protezione Civile Nazionale che, anche sulla base di proprie strategie di gestione dell’ordine pubblico, poteva o meno comunicare determinate cose alla popolazione. Tutto ciò premesso, secondo la corte di secondo grado, a prescindere dalla porta volutamente aperta della riunione con inviti volutamente abbastanza allargati, a prescindere dall’operazione mediatica tutta da dimostrare con fattispecie ancora da produrre e che riguarda comunque un altro processo, a prescindere dalle frasi dette e non dette dai singoli nella riunione della perlustrazione, a prescindere dalla conferenza stampa finale a cui parteciparono gran parte dei partecipanti alla riunione il cui audio integrale è misteriosamente scomparso anche se mai veramente cercato a differenza di quanto fatto da Rai 3, a prescindere da tutto ciò, l’unico che parlò con la popolazione, ma badate bene, non come membro della CGR, ma come vice capo della Protezione Civile Nazionale, fu l’ingegnere idraulico Berardo De Bernardinis, detto Chicco, che dopo i fatti ha avuto anche il permesso politico di girovagare per il territorio, tra i parenti delle vittime, insieme al suo capo ora a fare il benefattore in Africa, con tanto di telecamere per portare soccorso alla popolazione, elargire fondi alle istituzioni in deroga alle regole sugli appalti e organizzare la ricostruzione della città chiamata ad un certo punto anche Abruzzo, il quale con tanto di comportamento poco etico, secondo gli avvocati, da parte del giornalista che lo intervistava, fu costretto a forza a fare l’intervista e a pronunciare alcuni concetti non si sa bene da chi creati, o meglio sarà un altro processo a definirlo con precisione visto che i confronti all’americana li hanno fatti solo per chi chiedeva i risarcimenti, prima dell’evento della riunione di esperti in perlustrazione, fuori la sede della Regione Abruzzo, che hanno generato quella causalità per la quale è stato condannato per omicidio con colpa generica, senza menzione alcuna, per la morte di una manciata delle 309 vittime. Ci è mancato poco che attraverso magie di procedura penale, gli avvocati più bravi d’Italia convincessero la corte, della fattispecie secondo cui nell’intervista precedente la riunione, fu il medium il contenuto del messaggio e il contenuto emergente fu frutto di una decodifica del messaggio distorta della popolazione che quindi decise di suicidarsi inconsapevolmente ma con colpa propria.

Direi che, così come sono stato attento a capire l’arte oratoria e la procedura professionale utilizzata dal gruppo di avvocati degli imputati nell’aula del processo di secondo grado, gli stessi del primo grado, in cui per giorni interi hanno dato grande lezione di quell’arte necessaria a far immaginare sovrapposte le linee della verità processuale e della verità vissuta utilizzando, in alcuni casi, strumenti di delegittimazione ed offendendo anche pesantemente le vittime ed i loro familiari, ora, sarò attento a capire come quella parte di Stato che non ha ragioni di stato, come l’immagine politica, da difendere, quella parte di Stato che non vuole vergognarsi storicamente e ancora vede la realtà che vedono coloro che hanno vissuto la verità, imposterà ed affronterà il processo in terzo grado, in quella Cassazione che per legge deve assicurare l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge, l’unità del diritto oggettivo nazionale sulla base di ricorsi per la violazione del diritto materiale (errores in iudicando) o procedurale (errores in procedendo) o per i vizi della motivazione (mancanza, insufficienza o contraddizione) della sentenza nei due aspetti ricordati (composizione formale della CGR ed operazione mediatica studiata a tavolino).

Ed allora, considerata tutta la premessa fatta, e quindi la buona fede del Tribunale del’Aquila e di tutti gli attori coinvolti, è del tutto evidente che se, nella riunione di esperti della CGR o della CGR in perlustrazione, è vero, come stabilito dai giudici, che i presenti allarmarono ed avvisarono del pericolo, l’ing. Idraulico Berardo De Bernardinis, non quale componente della CGR ma come uditore, rappresentante della Protezione Civile Nazionale, lo stesso, per motivi tutti da esplorare con altro processo anche nei confronti di persone non ancora comparse sulla scena, organizza, dirige e comunica direttamente in una conferenza stampa alla presenza dei media concetti non scientifici di previsione di un non evento rafforzato mediaticamente dalla presenza di molti dei membri della CGR, di esperti in perlustrazione e di politici locali che purtroppo non smentirono o fermarono nonostante non condividessero i contenuti.

L’ing. Idraulico Bernardo De Bernardinis seppure sempre presente in aula e seppure non abbia mai smentito i suoi comportamenti, ad oggi, ancora non capisce la gravità di ciò che ha provocato e non ci dice chi gli ordinò di comunicare quegli argomenti non scientifici che non appartenevano al suo bagaglio culturale e che hanno portato alla morte centinaia di persone. Ciò configura una fattispecie di dolo eventuale avendo lo stesso rappresentante della Protezione Civile Nazionale, seppur già convinto di alcune assurdità non scientifiche comunicate prima della riunione alla stampa, comunicato alla popolazione quale componente della Protezione Civile Nazionale la previsione non scientifica di un non evento ampiamente diffuso dai media presenti dopo aver ascoltato argomenti inerenti il pericolo insistente sul territorio.

Ecco, questo è quello che ho capito e quello che mi aspetto nella battaglia futura ma essendo un idealista mi aspetto anche, prima dell’ennesimo teatrino, un atto di coraggio da parte di quello Stato capace di decidere di diventare grande e con coraggio perdere anche lui la guerra insieme a chi la guerra l’ha già persa veramente e cioè insieme a quegli aquilani che si fidarono ciecamente di un comando studiato a tavolino, ora rinnegato ed insabbiato in modo vigliacco, e morirono forse inutilmente.

Il mondo si meraviglierebbe di un’Italia e di uno Stato che iniziano a crescere e per istinto naturale si deve crescere.



04 Marzo 2015

Pier Paolo Visione  -  Dottore Commercialista e Revisore legale in L’Aquila

Categoria : Editoriale
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