L’inutile attesa del parere che non serve
Barisciano – Scrive Walter Salvatore: “Nonostante di professione mi occupi di ben altro non mi è ignoto che i centri storici, anche se rientrano tra gli immobili e le aree di notevole interesse pubblico, come descritti all’art. 136 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, affinchè tali beni vengano attratti al particolare regime di tutela previsto dalla legge, è sempre necessaria la dichiarazione di notevole interesse pubblico.
E’ sufficiente dare una rapida occhiata alla Sentenza del Consiglio di Stato nr. 855 del 2014 per estrapolare il seguente assunto:
“In assenza di vincolo specifico che abbia ad oggetto il centro storico cittadino, quale bene culturale d’insieme, sempre ai sensi dell’art. 136 del d.lgs 22 gennaio 2004 n.42, non è ipotizzabile l’applicazione delle disposizioni del Codice dei beni culturali su qualsiasi procedimento autorizzatorio degli interventi edilizi che abbiano oggetto immobili ivi collocati, salvo che il vincolo abbia fondamento in una previsione di piano paesaggistico ovvero in altro provvedimento puntuale che abbia dichiarato l’immobile di interesse culturale in ragione del suo pregio storico-artistico.”
Nel centro storico di Barisciano e delle sue Frazioni non sussistono provvedimenti di vincolo rivenienti da atti dell’autorità statale o regionale ed è inoltre accertata l’inesistenza di vincoli specifici di natura storico-artistica su quegli immobili ricompresi in quegli aggregati che hanno fatto richiesta di abbattimento e ricostruzione perché danneggiati irreparabilmente dal Sisma.
Ciò premesso non è chiaro per quale motivo una ventina di famiglie attendano da oltre due mesi un parere della Soprintendenza solo perché il Sindaco di Barisciano lo ritiene “fondamentale” ed “obbligatorio”.
Se consideriamo, inoltre, che tra questi aggregati uno è primo ed un altro settimo nella graduatoria alla matriciana partorita da questa amministrazione, ed entrambi sono nella condizione di non poter procedere con le previste attività , la questione assume connotati che prefigurano un chiaro danno a legittime aspettative di ricostruzione.
Non è possibile che l’attitudine di alcuni nel rendere difficili anche lo cose semplici si eserciti in danno agli incolpevoli e già provati cittadini terremotati. Nasce spontanea la domanda se il Sindaco “Ci è” o “Ci fa”. Nel primo caso si tratta di una questione di indole nel secondo, invece, siamo in piena malafede ma in entrambi i casi il Sindaco non è esonerato dal rispondere personalmente dei danni arrecati”.
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