Pericolose derive in riva all’Adriatico
Oggi Carlo Costantini, importante avvocato e politico di Pescara, ha definito L’Aquila “una zavorra per l’Abruzzo“, aggiungendo di voler dare ragione all’industriale Primavera di Chieti. Costui ha aperto, diciamo, le danze (alquanto scarmigliate) riesumando deleteri climi e argomenti degli anni Sessanta, con un attacco velenoso contro il capoluogo e la sua stessa esistenza in vita. Parole raccolte dal Centro in una intervista al Primavera.
A chi pacatamente osserva e registra gli eventi, pare che sia ormai avviata una pericolosa deriva “fiorita” in riva all’Adriatico. Una deriva di deliranti agguati alla baionetta contro L’Aquila, colpevole di aver subito un terremoto e di essere stata distrutta. La zavorra, per definizione, è qualcosa da gettare via. L’Aquila è da gettare via per Costantini? Forse l’avvocato dixit plus quam voluit, e si lasciò trascinare dalla foga polemica perdendo il senso della misura. Sarebbe l’ipotesi meno grave. Si dovrebbe temere un’affermazione tanto gradassa e sgarbata di un abruzzese nei confronti di una città abruzzese al momento in disgrazia, se fosse consapevole, voluta, anzi meditata. Un delitto premeditato.
L’andazzo che si sta manifestando è, più che grave, pericoloso. Benché non debbano essere in tanti a condividere le sparate di Primavera e di Costantini, neppure nell’Abruzzo più retrivo, se ne esiste uno. Ma pare di sì. Tuttavia, il solo fatto che si levino voci del genere, e che abbiano degli emuli (Costantini dà ragione a Primavera, lo affianca), è un sintomo da non ignorare. Se hai la febbre, anche una febbricciattola, una causa c’è e va scoperta. Per curarla, se possibile. Chi ha vissuto gli anni Sessanta e i primi Settanta, sa quanto malato era l’Abruzzo di allora, capeggiato da politici che hanno lasciato il segno. Negativo, s’intende. Oggi le cicatrici pare si stiano infettando. Capita anche con certi virus, che parevano estinti, invece riappaiono.
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