All’Aquila serve amore secondo Petrocchi
L’Aquila – ( di Amedeo Esposito) – OCCORRONO I TIRATORI DEL CARRO PER RITROVARE L’ANIMA AQUILANA – (foto: Esposito e mons. Petrocchi) –
“All’Aquila serve amore”, senza il quale, come ha rilevato l’arcivescovo metropolita monsignor Giuseppe Petrocchi, la città inaridisce sotto le macerie del tessuto urbano stravolto, a danno esclusivo delle giovani generazioni ormai in fuga.
I ritardi della ricostruzione – aggiunge – minano le “basi della rivitalizzazione dell’identità delle persone, soprattutto dei giovani”.
Convinzioni queste che monsignor Petrocchi ha maturato in sé, dopo un anno di “osservazione” degli eventi che hanno colpito e colpiscono la città, preso- com’è stato – dalle profonde trasformazioni apportate nell’ambito della sua “piccola ma antica” diocesi, ridotta in frantumi anch’essa dal sisma del 2009, e soprattutto dagli incontrollati e incontrollabili interventi emergenziali.
Interventi dell’emergenza che hanno lasciato la città senza il suo precipuo punto spirituale, e cioè la cattedrale dei Santi Massimo e Giorgio, ridotta nel più squallido disfacimento dopo il terremoto. Alla kafkiana assurdità della burocrazia della pubblica amministrazione cittadina, dunque, monsignor Petrocchi ha unito quella interna, piuttosto costosa e rovinosa, alla sua “Curia di legno” , da cui non riesce ad uscire per tentare di riordinare in comunità riconoscibile e fervente la diaspora aquilana “gettata” nelle new town.
Non è valso finora neanche l’”effetto Francesco”, il Pontefice che dall’alto della sua “finestra aperta al mondo” del palazzo apostolico, ha gridato agli aquilani “jemo’nnanzi”, andiamo avanti nelle opere perché si rinnovi la città, ma soprattutto il senso civico che fu creato dall’appassionante clima del dopoguerra, entro cui si formarono i cittadini e la città feriti ora profondamente dal terremoto.
Fu clima della sobrietà che coinvolse tutti: cattolici dell’esile memoria dei movimenti civici, liberali, comunisti socialisti etc.
Quasi “oceano” che purtroppo – a causa delle contrapposizioni ideologiche esasperate di tutti, compresi i cattolici – non lambisce più il tempo aquilano presente.
Peccato!
Nelle affermazioni di monsignor Petrocchi non vi sono spiragli, anche perché viviamo “tempi liquidi”, che facciano intravvedere il rinnovarsi del citato clima civico, dovuto – occorre dirlo – soprattutto all’azione del suo antico predecessore, il cardinale Carlo Confalonieri, il quale soleva ripetere che “non basta spingere, bisogna mettersi davanti a tirare il carro”.
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