Dissesti idrogeologici e carenze di interventi
L’Aquila – (Foto: macigno franato a Caramanico nel 2012) – Carlo Frutti, presidente ASSOCIAZIONE NAZIONALE DIFESA DEL SUOLO, scrive: “Le cadute massi, le slavine, le frane di questi giorni, e le conseguenti chiusure al traffico di importanti vie di comunicazione, fino allo sgombero degli edifici a rischio, riempiono le prime pagine dei media d’Abruzzo, e non solo, e riportano di forte attualità il problema del dissesto idrogeologico e con esso la carenza degli interventi.
Sulla SS 17 bis, nei pressi della Madonna d’Appari, la caduta massi ha comportato l’interruzione di un tratto di strada che porta al Gran Sasso ed al casello autostradale di Assergi nonostante, come riporta un articolo (da: AbruzzoWeb – Filippo Tronca) “… il tratto di strada del santuario della Madonna d’Appari era già stato oggetto di un costoso intervento di messa in sicurezza…”:
Ed allora ci chiediamo: come vengono eseguiti gli interventi di messa in sicurezza ?
Nella caduta massi vanno esperite una serie di indagini e di studi preliminari del pendio a rischio prima di stabilire la tecnologia da adottare (barriere paramassi, reti, sistemi di difesa attivi e passivi, chiodature, …); in particolare riteniamo fondamentali studi di dettaglio : dal rilievo topografico, anche con l’uso di laser scanner, alla caratterizzazione fisico-meccanica delle rocce e lo stato di degrado, dallo studio dell’interazione masso-versante alla definizione delle traiettorie di caduta con conseguente stima delle energie potenziali.
Una analisi completa che serva a determinare le condizioni per ridurre al massimo il rischio (nessuno è in grado di dare garanzie assolute) a cominciare dal tipo di barriera da utilizzare, l’energia di assorbimento, l’altezza e la geometria, e soprattutto il punto di installazione affinchè l’opera di difesa (barriera) intercetti il maggior numero di massi.
E’ proprio questo l’errore che più spesso si commette: la posizione della barriera è sbagliata ed i massi “scavalcano” la protezione con rimbalzi sul pedio come spesso accade sulle nostre strade, se non addirittura è posizionata in zone dove c’è bassa probabilità che i massi cadano lasciando “indifesi” tratti di pendio a forte rischio !!!
E l’analisi e la previsione della traiettorie è oggi alla portata di tutti i tecnici con software avanzati a condizione, però, che vengano immessi i dati, “ input corretti”, dalla posizione alla volumetria dei massi in distacco al profilo del pendio, dalla natura del substrato, alla presenza o meno di vegetazione.
Questo avviene, in particolar modo, (ma nella caduta massi è la generalità delle volte) quando si interviene “strategicamente” con “somma urgenza” sull’’onda dell’emozione di un incidente, una caduta massi, o per giustificare finanziamenti a pioggia ed affidamenti a trattativa ristretta (sempre ai soliti). !!! Mentre una giusta “campagna” di prevenzione, basata su indagini appropriate e interventi mirati, che ricordiamo costa generalmente alla collettività un decimo delle somme spese nell’emergenza, potrebbe essere realizzata in tempi giusti e con procedure di gara “normali” e trasparenti !!!.
Troppo spesso le somme destinate allo studio geologico e geomorfologico del pendio sono insufficienti, se non addirittura inesistenti, mentre si “sperperano” somme ingenti per posizionare (spesso nel punto sbagliato) strutture di difesa (barriere e reti paramassi) senza una adeguata valutazione magari affidando l’intera gestione dell’intervento alle imprese “specializzate” (e anche sulla specializzazione si potrebbe aprire un bel capitolo !!!), magari quasi sempre le stesse (basterebbe una verifica si lavori affidati !!!) con l’utilizzo di tecnologie e materiali di scarsa affidabilità, a volte nemmeno rispondenti a normative e certificazioni.
Da segnalare anche l’assoluta inutilità di certi interventi per aree dove il rischio è bassissimo o nullo; l’occhio “attento” percepisce anche questo, purtroppo, e si chiede il perché ? Nasce qui l’esigenza del controllo, a volte carente.
Non è certo facile per un tecnico, incaricato della direzione lavori e/o del collaudo, che non sia in grado di “arrampicarsi” su un pendio o “scalare” una parete con tecniche alpinistiche (la maggior parte dei lavori è eseguito da imprese di rocciatori), certificare con assoluta precisione la qualità di un lavoro, dalla lunghezza degli ancoraggi e delle fondazioni alla perfetta posa del manufatto, e per questo, magari, si “confida” sulla affidabilità dell’impresa e su quanto “riferito”, o su una osservazione con il “binocolo” … avviene anche questo !!!.
Siamo certi, o almeno speriamo, che queste siano eccezioni e non la generalità delle situazioni, ma il rischio di vite umane in gioco è altissimo in caso di caduta massi ed è per questo che vanno verificate tutte le fasi di un intervento e di messa in sicurezza.
Ci chiediamo, però, se gli interventi realizzati fino ad oggi, che negli ultimi dieci anni hanno visto centinaia di milioni spesi solo in Abruzzo, sono in grado di garantire la sicurezza delle strade, dei centri abitati e delle aree d’intervento.
Proponiamo che si dia corso ad un monitoraggio completo (lo prevede anche la legge) e dettagliato delle opere di messa in sicurezza, almeno di quelle realizzate negli ultimi 10 anni, dalle barriere paramassi alle reti, dai pannelli in fune alle gabbionate, verificando la rispondenza tra progetto ed esecuzione (qualità e quantità dei manufatti), la qualità dei materiali, la completezza dei progetti soprattutto per quanto attiene alle indagini, il rispetto delle alle normative vigenti, la reale efficacia anche alla luce delle nuove conoscenze e tecnologie. Credo che ne vedremmo delle belle ! La spesa non sarebbe eccessiva e i risultati servirebbero sia a “tranquillizzare” i cittadini sulla reale sicurezza del territorio che a dare utili indicazioni per i futuri interventi.
Può anche questa essere intesa come una forma di “prevenzione”.
Grave sarebbe dover registrare ancora una volta che un intervento costato magari milioni di euro è stato inadeguato e soprattutto non in grado di salvare vite umane.
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