INPS Abruzzo su previdenza e “inglesismi”
L’Aquila – Per quanto riguarda la previdenza, cambiano i termini ma la sostanza rimane uguale. E’ questo, in sintesi, il pensiero di Enrico Paone, presidente del Comitato regionale dell’Inps Abruzzo. “Previdenza, salario differito, riforme, tagli, risparmio previdenziale, fisco, detrazioni fiscali, costo del lavoro, pensioni, Tfr, previdenza complementare, assicurazione integrativa, jobs act… Non dobbiamo meravigliarci – osserva Paone nella sua riflessione affidata a una nota – se col tempo le parole possono assumere un significato diverso da quello originale. Forse gli inglesismi della nostra lingua servono proprio a questo.
La sostanza, pero’, non cambia. La realta’ e’ sempre quella e con essa bisogna fare i conti, fuori da dispute nominalistiche. La mia generazione, quella fortunata che si e’ affacciata al mondo dopo la seconda guerra mondiale, nell’immaginario del futuro, non mancava mai il riferimento al risparmio previdenziale, insieme alle lotte per il lavoro, il salario dignitoso, la casa, la sanita’, la scuola, i servizi pubblici, i diritti; la giustizia sociale; perche’ era presente a tutti la condizione economica nella quale si versava. Sia ben chiaro, c’erano anche quelli che volevano tutto e subito in busta paga, ma non erano ‘moderni’, venivano – forse giustamente- individuati come corporativi e, soprattutto, non erano in sintonia col processo di crescita e di programmazione economica e sociale, alimentato anche ad arte, per dare sfogo ad un mercato interno che tanti problemi di sviluppo stava risolvendo. Certo le criticita’ non mancavano, ma permaneva la certezza che essi sarebbero stati risolti con il lavoro e da uno sviluppo senza limiti, del quale si era fiduciosi.
La previdenza, anzi il ‘risparmio previdenziale’ – prosegue il presidente del Comitato regionale Inps Abruzzo – non era vista come ‘una tassazione impropria’ a carico dei lavoratori e del lavoro, ma era una quota di salario differito, come lo era il trattamento di fine rapporto, che doveva essere versato per avere una qualita’ della vita adeguata, quando si restava disoccupati o non si era piu’ in eta’ da lavoro e per non far ricadere questi costi sulla collettivita’. La consapevolezza su di un eccessivo peso contributivo sul costo del lavoro c’era, ma essa era mitigata dalle fiscalizzazioni degli oneri sociali e da corposi incentivi alle attivita’ produttive”.
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