Meno male, almeno tintinnano i bicchieri
L’export abruzzese, fino a poco tempo fa fiorente in diversi settori, si è afflosciato. Non cresce più neppure la mitica pasta di Fara S.Martino, che mostra un segno meno rispetto al passato. Un piccolo -2%, ma sintomatico. Catastrofe in altri settori, come le confezioni. Timidi segnali di ripresa qua e là , ma complessivamente i cinque distretti produttivi abruzzesi non godono buona salute. Anzi, vanno male.
C’è una produzione, una sola, che va avanti e cresce di un sonoro 9%: quella del vino, fortuna rivelata della nostra regione, che per anni, guidata da politici ottusi se non perniciosi in molti casi, non è stata capace di lanciare le proprie specificità , darsi leggi adeguate, pretendere riconoscimenti e garanzie. La politica abruzzese è quanto di più retrogrado ed oscuro si possa immaginare, dopo i tempi di Lorenzo Natali che tentò l’impossibile per l’agricoltura e la zootecnica abruzzesi.
Dopo Natali, e i suoi sodali, si ripiombò nell’oscurantismo, e la prova sta nel declino dell’agricoltura. Che perdura inarrestabile. Leggiamo una pubblicità che vanta e lancia i “formaggi del Trentino”. Immaginate una cosa del genere in Abruzzo?
Sapere che, finalmente, il vino abruzzese va forte e si esporta alla grande, è una gran bella cosa. Anche se c’è il sospetto che il merito sia dei produttori più che delle istituzioni. Tintinnano i bicchieri, comunque, ed è un piacevole rumore, una musica. Primeggiare in un prodotto di antica sapienza e cultura come il vino, non è da tutti. Sentir dire che teniamo testa ai toscani, ai veneti, ai piemontesi, ai siciliani, è una meta segnata. Dove hanno fatto fiasco ciminiere, fabbriche, fumi, discariche tossiche, acque avvelenate, cattedrali nel deserto finite in rovina o cassa integrazione, ci salveremo semplicemente producendo e vendendo vino buono.
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