Psicologia: bambini e linguaggio, meglio se utilizzato senza distorsioni
(a cura di Flavio Colacito – psicopedagogista). Tutti siamo stati cresciuti credendo che l’utilizzo di un linguaggio fatto di cantilene e parole dolci, cadenzato lentamente, usando magari parole strane, fosse il miglior modo per comunicare con i propri figli, ma recenti studi potrebbero mettere in crisi questa prassi naturale soprattutto in molte mamme. In base ad una ricerca condotta dall’Istituto Riken in Giappone e del Centre National de la Recherche Scientifique di Parigi, sembrerebbe più opportuno instaurare un rapporto linguistico con il bambino nello stesso identico modo come si fa normalmente con un adulto. Per affermare la validità di questo approccio, basato su risultati pubblicati sulla rivista Psychological Science, i ricercatori hanno messo in relazione il linguaggio di un campione di 22 mamme nel momento in cui si rivolgevano al proprio piccolo che aveva dai 18 ai 24 mesi e quello impiegato in un secondo tempo e riguardante il proprio interlocutore nella fase adulta. Nello specifico, gli studiosi hanno messo in evidenza che nel raffronto tra i due diversi approcci linguistici delle mamme coi propri bambini e con altri adulti emergevano delle diversità in base alla comprensibilità dei termini utilizzati. In sintesi, dai risultati si è dedotto che il contrasto sonoro tra sillabe simili e quindi facili da confondere, come ‘ba’ e ‘pa’, risultava essere marcato quando ci si rivolgeva a un adulto rispetto allo stesso atteggiamento verso un bimbo. Quindi, è stato possibile dedurre che pronunciare frequentemente durante la fase dello sviluppo frasi cantilenanti, accentuando o distorcendo le parole o i suoni, potrebbe avere ripercussioni negative sullo sviluppo del linguaggio nella fase adulta, contrariamente ad un utilizzo normale delle parole fatto a cominciare dai primi anni di vita del bambino.
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