Riprende vita e poi si ammoscia
Il paragone è forse un po’ scostumato, ma ogni tanto ci vuole. Del resto, chi lo desidera può trovare malizia in qualsiasi argomento, frase e persino poesia. Nella penosa storia della ricostruzione aquilana, ad ormai quasi sei anni dall’avvio del calvario della malcapitata e malferma città , c’è qualcosa che ogni tanto riprende vita, o sembra riprenderla, e poi desolatamente si ammoscia. Il sindaco e gli altri (pochissimi) politici che non demordono vanno anfanando tra i palazzi romani, in cerca di interlocutori. La situazione appare, ogni tanto, aggranchita, ingessata, o addirittura insabbiata.
Talora gli interlocutori romani si lasciano avvicinare (come la sottosegretaria neofita Paola De Michele) e tendono l’orecchio. Promettono, si impegnano. Convocano o promettono tavoli e confronti. Dopo sei anni, è desolante. Ma non c’è altra strada. Quando la situazione si è ammosciata, bisogna darle dei nuovi stimoli e sussulti. Bisogna ricordare che c’è una città da riedificare, non solo con pietre, cemento, acciaio, marchingegni antisismici. Lo Stato soffre di afasia periodica, di narcolessia pendolare. Ora risiamo ai soldi che mancano, alle firme da mettere in calce, alle procedure anchilosate, ai mille sbruffi di polvere tra gli ingranaggi. La legge per la ricostruzione, intanto, resta un’attesa insoddisfatta. Un impegno ribadito. Un adempimento appeso chi sa dove e fino a quando. Sul calendario i giorni e i mesi trascorrono, l’aprile fatidico del 2015 (quando scoccheranno i sei anni dal sisma) si approssima. Bisognerebbe partire su una siderea astronave capace di sfiorare la velocità della luce, e di rallentare il tempo. Bisognerebbe caricarci L’Aquila e il cratere, per far girare le lancette degli orologi molto più lentamente. Che sogno, tornare dopo un anno di viaggio ultraveloce, e scoprire che qui sono trascorsi cent’anni ed è tutto cambiato, tutti sono scomparsi da quel dì e le cose funzionano davvero.
Einstein, ci hai spiegato come ciò avviene, ma non ci hai detto come possiamo fare ad avere l’astronave per andarcene tutti. E non siamo capaci di farlo da soli…
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