Legge capoluogo, farne una cosa seria


Bisogna riconoscere che Forza Italia, rianimata da quel guerriero catafratto che è Guido Quintino Liris, sta reagendo con vigore alla smorta iniziativa di produrre una legge per L’Aquila capoluogo, che il PD raffazzona e mette in piedi dopo averci dormito su per sette-otto anni. Gli azzurri e l’opposizione comunale hanno ottenuto un consiglio comunale straordinario, De Matteis dà atto a Carlo Benedetti di correttezza istituzionale: insomma, le cose sembrano volgere al meglio. Sempre che la politica – nonostante gli sforzi di alcuni suoi esponenti aquilani – riesca a trarre vantaggio da un’occasione imperdibile. Che sicuramente deve sembrare tale anche al sindaco Cialente, il quale ci vede lungo.
La legge in cottura è scarsa, stentata, una specie di contentino per la città che capoluogo lo è da quando nacque lo Statuto regionale. Anche da prima, benché non fosse scritto da nessuna parte. Dalla nascita della Regione in avanti, è anche scritto.
A molti sorge il sospetto che oscure e potenti trame (sempre esistite in riva all’Adriatico) stiano montando una trappola e costruendo con il meccano dei bambini (di una volta) una legge-consolazione, per portare poi a termine la spoliazione totale di uffici, enti, agenzie, direzioni, centri di potere, stanze dei bottoni e pensatoi. L’Aquila, capoluogo ribadito, se ne resta lassù tra le sue dolenti macerie, tanto non può parlare: è capoluogo, cos’altro può volere?
L’occasione dunque è aurea. La politica aquilana ritrovi cervello, grinta, coesione e forza, e pretenda una buona legge, con dei contenuti, dei soldi, della concretezza e le garanzie per il subito e per il dopo. Lo spunto c’è, va accettato di buon grado, ma si gridi perché sia migliorato, adeguato, ritagliato sul reale e non su burle, chiacchiere, vanità politichesi. Bene ha fatto il PD dalfonsista a muoversi (finalmente), ora però facciamo sul serio. Senza pretendere la Luna e l’impossibile, ma solo il giusto. Via veleni, risse da pollaio, meschinerie, e si lavori all’anglosassone: poche parole, molto pragmatismo. L’Aquila si gioca il futuro e deve essere all’altezza. Altrimenti perderà l’ultima partita alla quale è invitata a giocare. Il banco ce l’ha Pescara. Il cervello dovrebbero averlo tutti.



22 Gennaio 2015

Gianfranco Colacito  -  Direttore InAbruzzo.com - giancolacito@yahoo.it

Categoria : Editoriale
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