Legge capoluogo, a cosa (e a chi) servirà?
L’Aquila – (di G.Col.) – MINORANZA CHIEDE CONSIGLIO COMUNALE STRAORDINARIO – (Foto: in evidenza, panorama aquilano, e sotto immagini della rivolta per il capoluogo del 1971) – La gente dice: “A che servirà mai una legge regionale per dire che L’Aquila è il capoluogo della Regione, se questo è già scritto sullo Statuto regionale da 30 anni?”. Lontana dal politichese, ancorata alla logica elementare che guida l’esistenza di ogni giorno, la moltitudine – almeno quella che ha ancora la pazienza di leggere la politica sui giornali – va avanti usando semplicemente il suo cervello. Ha senso produrre una legge per stabilire ciò che è già scritto su uno statuto, ovvero sulla minicostituzione della Regione Abruzzo?
Ha senso se si verificano due condizioni. 1) Che la legge, notificata con i megafoni dei politici i quali dicono di volerla, arrivi subito, appena esaurito il dibattito-consultazione anch’esso strombazzato. 2) Che porti delle evoluzioni prima di tutto economico-sociali per la città e il suo territorio. Parliamo di un comprensorio, quello aquilano, di poco più di 100.000 abitanti, nel quale esistono una pletora di piccolissimi centri sempre più abbandonati e impoveriti di servizi e presenze istituzionali, e qualche centro appena più grande, tipo Pizzoli o Scoppito, di misurabile vitalità.
E’ subito chiaro da quanto si apprende (cosa dice la legge non lo sanno certo i cittadini, perché nessuno ha divulgato – ma solo vantato – i suoi contenuti) che le risorse previste sono esigue: si parla di 700.000 euro. L’opposizione ha ironizzato: “Cosa ci facciamo, un’altra rotatoria?”. A farla bene e non arronzata o rimediata come quasi tutte quelle fatte finora, neppure basterebbero 700.000 euro…
E’ utile ricordare a tutti che la legge per L’Aquila capoluogo è un’idea di molti anni fa, nata e propugnata con il PD e dal PD, rimasta appesa per anni, una scatoletta vuota per raggranellare bisunti consensi elettorali.
Passa il tempo, corrono gli anni, e i metodi per farsi votare non cambiano. Tant’è vero che a molti sembra solo una trovata per ammonticchiare consensi l’ultimo annuncio. Potremmo sbagliarci, e vorremmo sbagliarci, ma niente fa supporre che L’Aquila possa rimettersi in piedi “anche” grazie a questo nuovo miraggio.
Per indurre la gente a maggiore fiducia e a cambiare opinione sui politici – inclusi gli ultimi arrivati – occorrono fatti, tempi ristretti, meglio dire concisi, e risultati da pesare sulla bilancia. Per questa legge, siamo ai primi balbettii, e chi la spinge parla di consultazioni che potrebbero durare mesi o anni, seguite da dibattiti in un’aula regionale per nulla incline a far del bene a L’Aquila. Dunque, tanto tempo? Un’esagerazione, pare di poter capire, per non arrivare in conclusione a produrre alcun risultato utile. Tirare avanti con la carota appesa all’estremità del bastone, da dondolare davanti al muso dell’ingenuo cavallo.
Così è stato finora, per tutte le cose. La ricostruzione è cominciata solo grazie alla tenacia di pochi aquilani seduti in serpa a istituzioni capaci di esserci, anche alzando la voce. Tutto il resto non ci fu, non c’è ed è difficile sperare che ci sia. Specie da una Regione Abruzzo sostanzialmente ostile e lontana, che non volle produrre neppure una legge per la ricostruzione. Figuriamoci un capoluogo… E che continua a sfilare competenze, uffici, direzioni, sedi centrali (con la scusa degli accorpamenti, hai voglia a centralizzare… tutto a Pescara, è ovvio), riducendo il capoluogo ad un’etichetta di bronzo lucidato. E il resto dell’Abruzzo ad una fascia desertizzata, un Sahel continentale.
L’Italia è ormai allucinante, l’Abruzzo di più. Se pensiamo che per riaprire un bar dentro l’ospedale dell’Aquila (migliaia di persone al giorno che vi pullulano) ci sono voluti sei anni, ci viene da piangere. Se ricordiamo che di legge per il capoluogo si parla da prima che il PD nascesse in Abruzzo, il pianto sarà fluviale.
Allora, politici datevi da fare: provate a convincerci. Dovreste semplicemente fare delle cose buone e pulite. Fatiche di Ercole? Ma almeno lui ci riuscì…
CONSIGLIO STRAORDINARIO – Un Consiglio comunale straordinario per discutere della legge regionale per L’Aquila capoluogo, presentata nei giorni scorsi dal presidente della Regione Abruzzo Luciano D’Alfonso e dal consigliere regionale Pierpaolo Pietrucci. La proposta e’ a firma dei consiglieri comunali Emanuele Imprudente (capogruppo L’Aquila Citta’ Aperta), Luigi D’Eramo (capogruppo Prospettiva 2022), Giorgio De Matteis (L’Aquila Citta’ Aperta), Daniele Ferella (Tutti per L’Aquila) e Vito Colonna (Prospettiva 2022). “Le nostre – hanno dichiarato i consiglieri Emanuele Imprudente e Luigi D’Eramo, parlando anche a nome degli altri firmatari – non sono affatto sterili polemiche. La proposta di legge regionale costituisce un’occasione troppo importante per la nostra citta’, soprattutto in questo momento, per ridurla ad una mera dichiarazioni di intenti, buona per fare parlare di se’ ma priva di qualsiasi utilita’. Cosi’ com’e', infatti, rappresenta solo l’ennesima occasione persa. Queste sono osservazioni, peraltro, che provengono da piu’ parti. Quello che e’ mancato e’, principalmente, un momento di condivisione e riteniamo assurdo che il Consiglio comunale, massimo organismo civico di rappresentanza democratica, non sia stato coinvolto in alcun modo nelle fasi preparatorie del testo.
Il confronto sarebbe stato utile a portare alla luce i problemi e le aspettative del territorio, questioni con le quali i consiglieri comunali si confrontano quotidianamente. Per questa ragione – hanno concluso i consiglieri – abbiamo presentato formale richiesta di un Consiglio comunale straordinario interamente dedicato a questo argomento. Un Consiglio comunale che dovra’ vedere la presenza del presidente D’Alfonso, oltre a quella del consigliere Pietrucci, affinche’ possano ascoltare, finalmente, anche le voci del territorio”.
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