Quando l’arbitro indossava la cravatta
Pescara – (di Stefano Leone – foto sito web: seinazioni.net) – E’ ovviamente una esasperata, quanto voluta, esagerazione. La realtà , però, non è così lontana. Proviamo ad immaginare un direttore di gara, a prescindere dalla scontata capacità che va sempre e comunque tenuta in considerazione, sciatto, dalla corsa goffa e impacciata e dalle movenze comiche e stravaganti. Non passerebbe sicuramente inosservato. Dunque, una immagine di per se totalmente negativa nonostante si possa chiosare che, “l’importante è che sia onesto e capace”. Si, certo ma sono luoghi comuni scontati. Un direttore di gara, oggi più di ieri, deve saper coniugare capacità con immagine. Anche per gli arbitri, giocoforza, è finito il tempo dell’ “arbitro pane e salame”. Una inappuntabile disamina di questo aspetto, viene fatto sul sito web “aiamessina.it” dal quale ci piace riprendere la parte dedicata proprio all’argomento che stiamo trattando: l’estetica del direttore di gara. Pur risultando un aspetto meno determinante nell’economia di gestione di una gara, rispetto alla preparazione atletica, tecnica e alla capacità di rapportarsi in maniera autorevole con i partecipanti, il portamento dell’arbitro riveste una notevole importanza, anche ai fini di una valutazione di ampia o limitata futuribilità , visto che lo stile acquisito può avere una valenza molto incisiva ai fini di una buona conduzione di gara. Sebbene per i non addetti (ivi compresi atleti, allenatori e dirigenti) costituisca un requisito poco rilevante, l’immagine che il direttore di gara da di sé assume sicuramente un valore non indifferente: infatti, la spettacolarità di un gesto che l’arbitro esegue, oltre che suscitare una percezione positiva nei presenti all’incontro, contribuisce a creare una figura signorile dello stesso. Caratteristiche essenziali dell’estetica arbitrale sono lo stile di corsa e la gestualità , che costituiscono il fondamento in cui poter eventualmente rintracciare l’eleganza.
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