Rifiuti inerti, sequestro a imprenditori Celi
Massa d’Albe – I carabinieri del Nucleo Operativo Ecologico abruzzese a Roma, Magliano de’ Marsi e Francavilla al Mare, hanno sottoposto oggi a sequestro preventivo quattro abitazioni, beni nella disponibilita’ della ditta Celi Calcestruzzi S.p.a. di proprieta’ dei fratelli Franco e Sergio Celi, foto, con sede a Massa D’Albe, per un valore di circa un milione e ottocentomila euro. Contestualmente sono state notificate la comunicazione sul diritto di difesa e le informazioni di garanzia ai fratelli Celi e al legale rappresentante, moglie di uno dei fratelli stessi.
Il sequestro e’ stato effettuato in esecuzione di un provvedimento del gip presso il Tribunale dell’Aquila emesso, dal giudice Giuseppe Romano Gargarella su richiesta della Procura della Repubblica Distrettuale del capoluogo. Le investigazioni sono state dirette e coordinate dal procuratore Cardella e dal sostituto procuratore Antonietta Picardi.
Il sequestro, finalizzato alla confisca ‘per equivalente’ – spiega una nota della Procura – ha lo scopo di assicurare allo Stato il valore corrispettivo al risparmio dei costi di smaltimento relativi ad almeno 16.000 metri cubi di rifiuti inerti, tombati nella cava di Magliano de’ Marsi (al fine di mascherare l’escavazione in eccesso), rifiuti provenienti sia da attivita’ proprie dell’impresa che da conferimenti provenienti da produttori di rifiuto estranei alla stessa.
Le indagini, svolte unitamente a personale dell’Agenzia Regionale per la Tutela dell’Ambiente (Arta) erano gia’ culminate, a marzo del 2012, con il sequestro, tra l’altro, dell’intera cava ricadente nei comuni di Magliano de’ Marsi e Massa D’Albe, estesa per 14 ettari, nonche’ con gli arresti domiciliari dei fratelli Celi, del sindaco e del vice sindaco del comune di Magliano de’ Marsi oltre alla denuncia a piede libero di altre sette persone complici a vario titolo con i responsabili della ditta. I reati accertati erano quelli relativi all’eccessiva escavazione di materiale inerte per almeno 130.000 metri cubi; all’omessa corresponsione di tributi ai due Comuni interessati; al ritombamento di almeno 16.000 metri cubi di rifiuti inerti; all’ottenimento dagli amministratori pubblici di autorizzazioni illecite relative all’ampliamento della cava in cambio di favori e regalie nonche’ alla produzione di calcestruzzo di scarsa qualita’.
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