Palazzi e blasoni, ma l’Abruzzo si sbiadisce


L’Aquila – (di G.Col.) – Palazzi e sedi (anche sontuose) per la Regione Abruzzo, restauri e ristrutturazioni all’Emiciclo, dopo l’incredibile attesa di 2100 giorni dovuta ai tempi burocratici. Già questo dato, di cui abbiamo riferito nei giorni scorsi, dovrebbe indurci a domandare: usciremo mai dall’Italia delle paludi, dei tempi smisurati, della burocrazia sempre più eleusina invece che moderna e snella?
La Regione mette radici, comunque, e sogna torri a Pescara, austeri palazzi con colonnati a L’Aquila, convinta di poter perpetuare nei decenni a venire l’assurdo doppione del capoluogo. Per niente al passo con i tempi, apparentemente convinta di poterci essere al di là di tutto e di tutti.
E’ chiaro che i politici abruzzesi seguono la loro strada, soprattutto per consolidare i loro poteri, e berciano di riforme, cambiamenti, dotandosi di nuove dirigenze e cervelli apicali.
Le cose a Roma, invece, marciano ad un diverso passo.
Trascurando i discorsi meramente economico-turistici che ogni tanto si intessono sulla cosiddetta macroregione mediterranea o quanto meno adriatica, va annotato che sostanziali cambiamenti dell’assetto nazionale sono in cammino. Non si tratta di teoria, di buoni propositi (che poi si rivelano pessimi, come l’abolizione delle province), ma di concretezze che nei palazzi renziani stanno assumendo spessore.
Parliamo della riduzione delle regioni, che da 20 diventeranno 12. Alcune, come il Molise, spariranno, altre cambieranno volto e identità, altre ancora come la Lombardia, resteranno come sono: potenze economiche e pesi demografici da 9 milioni di abitanti.
L’Abruzzo, in questi progetti, sbiadisce. Sarà parte di una nuova grande regione centro-adriatica con le Marche senza la provincia di Pesaro (che emigra in Romagna), il Reatino, e una parte del Molise. Due importanti città costiere – Ancona e Pescara – e alcune città minori nell’interno tra le quali l’attuale capoluogo, L’Aquila.
E qui sorgono problemi di cui nessuno pare volersi far carico. Dovrà esserci un nuovo capoluogo della futura regione marchigiano-abruzzese con annessi altri territori minori oggi nel Lazio e nel Molise. Quale sarà questo capoluogo, quasi una piccola capitale su un regnetto da una decina di milioni di abitanti? Difficile, realisticamente, pensare che possa essere L’Aquila. Pescara e Ancona affileranno unghie taglienti, e faranno pesare la loro consistenza, specie se sarà reale l’unione di Pescara a Montesilvano e Spoltore, in un’area urbana unica da 400.000 abitanti o giù di lì.
La legge per L’Aquila capoluogo (se mai la politica vorrà davvero emanarla, cosa in cui pochi credono, se non coloro che ne parlano ogni tanto) varrà, infatti, per un Abruzzo inteso come regione uguale a com’è oggi. Ma l’Abruzzo, dicevamo, sbiadisce e svanisce nei piani futuri…
Sono discorsi forse prematuri, che nessun politico ama affrontare, anche perché i politici di oggi suppongono di non esserlo più domani. Con il vento che tira… La sparizione del Senato cambierà e di parecchio le carte in tavola per tutti.
Viene da porsi domande e pensare a queste cose, sentendo dire che saranno spesi chi sa quanti milioni per il nuovo Emiciclo, sede dell’assemblea abruzzese. Ma de che, direbbero a Roma. Oppure sentendo da Pescara gente che vuole comperare palazzi sontuosi per uffici regionali… o per chi sa quale altro autentico scopo.
Palazzi e blasoni mettiamoli nel cassetto, e prepariamoci – anzi i giovani si preparino – ad un domani assolutamente diverso dall’oggi. Forse migliore, perché prima o poi dovremo essere migliori, altrimenti… la lapide porta già l’epitaffio.


19 Dicembre 2014

Categoria : Cronaca
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