Cose nostre: Cialente al forno, PdL al palo
L’Aquila – (di G.Col.) – Le pressanti urgenze aquilane, la dura realtà delle famiglie ancora a migliaia fuori città forzatamente, l’esclusione di forze politiche e ambiziosi aspiranti affaristi dall’immenso di giro risorse che gravitano sul comprensorio, la naturale e storica vocazione al litigio da cortile che annulla ogni vibrazione vitale della città – da ben prima del 6 aprile – mostrano una situazione politica sicuramente poco rassicurante. Si può riassumere, a nostro modo di vedere, in due capitoli: Cialente al forno, PdL al palo.
CIALENTE AL FORNO – Il sindaco è martirizzato 24 ore su 24 da una tempesta politica irrisoria e meschina, che pare si stia trasformando in un itinerario verso la sfiducia che consegnerebbe la città ad un commissario. Nel momento meno felice della sua storia. Estromettere un sindaco con la sfiducia è un’operazione grave in tempi normali, figuriamoci adesso. Che a farlo non siano persone più brave del sindaco, criticabile quanto volete, ma sicuramente galantuomo che soffre sua sua pelle quanto è capitato alla città , ma le persone che per venti sedute del consiglio hanno fatto mancare il numero legale a ogni piede sospinto, le persone che non producono nulla se non polemiche, isterismi, appetiti di potere e di denaro, è la logica conclusione della storia politica della città . Che di meglio, evidentemente, non è in grado di dare. Far fuori il sindaco oggi è un atto di masochismo. Se Cialente, a parere di alcuni, abbia fatto male il primo cittadino, è questione da risolvere democraticamente e con le urne. A L’Aquila già un’altra volta si parlò di sfiducia per Tempesta, che non ci fu mai. Ora vediamo se i cavalieri dell’apocalisse avranno il coraggio di abbattere Cialente. Che vadano tutti a casa, alla gente non dispiacerà . Che si stia ripetendo la stessa vergognosa storia dei tempi di Tempesta, preoccupa. Qui non vanno bene nulla e nessuno. Possibile che non ci si chieda: che sia la città la vera ammalata? Che sia ingovernabile, come l’Italia ai tempi di Mussolini, quando il Duce sbottò: “Governare gli italiani non è difficile, è inutile”. Figuriamoci degli italiani messi in ginocchio da uno storico terremoto, dal nuovo 1703, quando però le cose, leggendo la storia, andarono assai meglio.
PDL AL PALO – Il PdL è al palo nel senso che il tempo passa, l’anno finisce, e il candidato presidente provinciale non spunta fuori. Anzi, i soloni del centrodestra, nelle loro roccaforti marsicane o pescaresi, ipotizzano un candidato non aquilano, mentre si era promesso agli aquilani di avere almeno questo privilegio. Ma soprattutto, il candidato, aquilano o no, non viene partorito. E’ chiaro che nel PdL ci sono guerre intestine, contrasti, correnti, prepotenti, dittatori, saccenti e spocchiosi, quel che preferite. Ma non una capacità decisionale. Per vincere, si conta su case e tasse annullate (ma finora Tremonti dice di no), e si dimentica che l’abolizione fiscale accontenterebbe gli aquilani, ma ingelosirebbe il resto della provincia. Non è con le munificenze post-sismiche che si vincono le elezioni. La gente, forse, stima e ringrazia Berlusconi, ma distingue tra il grano e il loglio, tra lenticchie e maionese. L’uomo di Arcore è una cosa, i suoi miniemuli locali un’altra. E il tempo passa. Basteranno gennaio e febbraio per convincere gli elettori ad una scelta con il fiatone del centrodestra, che invece il centrosinistra ha già fatto da mesi? La gente mugugna e in cuor suo mormora: se non sono capaci di scegliere un candidato, possono sapere governare una provincia disastrata? Non si risolve tutto vendendo finestre per le case antisismiche.
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