Ricostruzione della Cattedrale edificata 757 anni fa, “dolorosa spina” nel cuore per gli aquilani
di AMEDEO ESPOSITO
L’Aquila – La città, i parrocchiani ed i fedeli, diaspora della Cattedrale, hanno avuto ben poco da festeggiare i 757 anni – che ricorrono quest’anno – della loro Chiesa. Certamente non si sono avveduti della ricorrenza che implica numerose cadute e rifacimenti del tempio, dovuti ai ripetuti terremoti susseguitisi nei secoli.
La distruzione più vicina a noi – si fa per dire, ovviamente – fu quella dovuta al grande terremoto avvenuto nel giorno della Candelora del 1703. Quando si spense la “Luce di Maria”, accesa in ogni chiesa della città, ed in particolare entro San Domenico dove morirono, sotto le macerie, circa 600 i fedeli.
Molti meno furono i colpiti all’interno della Cattedrale che subì la quasi distruzione totale, ad eccezione della sempre resistente parete tre-quattrocentesca che si affaccia su via Roio.
Tetragona, ha ancora risposto con fierezza al terremoto del 2009, rimanendo intatta.
Nel 1703 il Vescovo riparò a Roma, ma a “piedi della piazza grande”, entro una delle due baracche ivi istallate, operava il Vicario vescovile, accanto ai maggiorenti della città, secondo i dettami degli aquilani tutti che si diedero quest’ordine: nessuno si allontani, ma operi indefessamente – con l’aiuto della maestranze lombarde – nel ricostruire la città nella sua totalità delle case e chiese insieme.
Fu necessario però attendere 8 anni perché, nel 17011, l’architetto Sebastiano Cipriani iniziasse i lavori di ricostruzione della Cattedrale dei Santi Massimo e Giorgio.
Lavori che, purtroppo, terminarono 23 anni dopo, quando la chiesa fu riaperta al pubblico. Quasi un quarto di secolo per la ricostruzione: ma per il suo vero restauro e della realizzazione della caratteristica facciata (anch’essa non del tutto completata nella cupola, per la quale si ripiegò su una bella tela dipinta) fu necessario attendere il 1928, e cioè 194 anni.
Tempi diversi, ovviamente, tutti tesi nell’azione dei vescovi che si succedettero a “rialzare” la Cattedrale che fu di Forcona.
Oggi quella “fattività” vescovile sembra attenuta, quando non si trasformata in critica, pur dinanzi ad una gara d’appalto – vinta dall’associazione d’impresa: Sac, spa – Costruzioni Iannini – Dp Restauri – che prevede per la sola Cattedrale un investimento di 20 milioni di euro.
La ragione forse potrebbe risiedere nella delusione degli organi curiali che si sono visti respinta la proposta di divenire essi stazione appaltante dei lavori che si riferiscono al patrimonio ecclesiastico. In altri termini gestire i fondi di tale ricostruzione.
Lo Stato ha chiaramente detto, però, che la ricostruzione ed il restauro di tale patrimonio vanno fatti secondo le norme vigenti, nei modi e soprattutto nei tempi previsti.
E ciò vale ancor più per la Cattedrale, perché finalmente sia tolta dal cuore dei fedeli e degli aquilani tutti una ”dolosa spina”, velata finora da un certo ingiustificato disinteresse di molti.
La città, i parrocchiani ed i fedeli, diaspora della Cattedrale, hanno avuto ben poco da festeggiare i 757 anni – che ricorrono quest’anno – della loro Chiesa.
Certamente non si sono avveduti della ricorrenza che implica numerose cadute e rifacimenti del tempio, dovuti ai ripetuti terremoti susseguitesi nei secoli.
La distruzione più vicina a noi – si fa per dire, ovviamente – fu quella dovuta al grande terremoto avvenuto nel giorno della Candelora del 1703. Quando si spense la “Luce di Maria”, accesa in ogni chiesa della città, ed in particolare entro San Domenico dove morirono, sotto le macerie, circa 600 i fedeli.
Molti meno furono i colpiti all’interno della Cattedrale che subì la quasi distruzione totale, ad eccezione della sempre resistente parete tre-quattrocentesca che si affaccia su via Roio.
Tetragona, ha ancora risposto con fierezza al terremoto del 2009, rimanendo intatta.
Nel 1703 il Vescovo riparò a Roma, ma a “piedi della piazza grande”, entro una delle due baracche ivi istallate, operava il Vicario vescovile, accanto ai maggiorenti della città, secondo i dettami degli aquilani tutti che si diedero quest’ordine: nessuno si allontani, ma operi indefessamente – con l’aiuto della maestranze lombarde – nel ricostruire la città nella sua totalità delle case e chiese insieme.
Fu necessario però attendere 8 anni perché, nel 17011, l’architetto Sebastiano Cipriani iniziasse i lavori di ricostruzione della Cattedrale dei Santi Massimo e Giorgio.
Lavori che, purtroppo, terminarono 23 anni dopo, quando la chiesa fu riaperta al pubblico. Quasi un quarto di secolo per la ricostruzione: ma per il suo vero restauro e della realizzazione della caratteristica facciata (anch’essa non del tutto completata nella cupola, per la quale si ripiegò su una bella tela dipinta) fu necessario attendere il 1928, e cioè 194 anni.
Tempi diversi, ovviamente, tutti tesi nell’azione dei vescovi che si succedettero a “rialzare” la Cattedrale che fu di Forcona.
Oggi quella “fattività” vescovile sembra attenuta, quando non si trasformata in critica, pur dinanzi ad una gara d’appalto – vinta dall’associazione d’impresa: Sac, spa – Costruzioni Iannini – Dp Restauri – che prevede per la sola Cattedrale un investimento di 20 milioni di euro.
La ragione forse potrebbe risiedere nella delusione degli organi curiali che si sono visti respinta la proposta di divenire essi stazione appaltante dei lavori che si riferiscono al patrimonio ecclesiastico. In altri termini gestire i fondi di tale ricostruzione.
Lo Stato ha chiaramente detto, però, che la ricostruzione ed il restauro di tale patrimonio vanno fatti secondo le norme vigenti, nei modi e soprattutto nei tempi previsti.
E ciò vale ancor più per la Cattedrale, perché finalmente sia tolta dal cuore dei fedeli e degli aquilani tutti una ”dolosa spina”, velata finora da un certo ingiustificato disinteresse di molti.
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