Ss.153, da sempre una strada della morte
Bussi – L’ANAS starebbe già provvedendo, dopo gli incidenti mortali e quelli non mortali ma ugualmente gravi degli ultimi giorni, ad eseguire interventi di sicurezza sul tratto di strada 153 tra la galleria di Bussi e i successivi due-tre chilometri, fino ad oltre l’abitato e i resti dell’antica chiesa, in direzione Navelli. Si starebbe lavorando sul tappetino stradale e sulla segnaletica, con riduzioni dei limiti massimi di velocità e – in prospettiva – più controlli da parte di pattuglie sul posto. Che potrebbero essere di vigili urbani, oltre che di carabinieri.
L’impiego di pattuglie è il rimedio meno efficace: in certi periodi e durante alcune ore della giornata (ma soprattutto della nottata) la presenza di pattuglie è impossibile, o del tutto inutile.
C’è invece da chiedersi perché l’ANAS intervenga solo dopo le due ultime vittime e alcuni feriti, tutti e sempre nello stesso tratto stradale o nei dintorni di quel tratto. Il tratto di 153 in questione è da sempre, da anni e anni, strada della morte.
Perché l’azienda non lo ha fatto prima? Perché non ha posto come priorità interventi sulla sicurezza di una strada che è notoriamente insidiosa? Non c’è bisogno di essere dirigenti o ingegneri dell’ANAS per capire che, forse, un certo tipo di asfalto o di tappetino non è adatto a certi luoghi particolari, per la loro esposizione o per la forte umidità ambientale.
Da sempre gli autisti di bus e camion, ma anche i semplici automobilisti che percorrono la 153 obbligatoriamente muovendosi tra L’Aquila e Pescara o Chieti, sanno che in certe ore del giorno, quella strada è pericolosa: gelata d’inverno (mentre prima e dopo il tratto a rischio non lo è), perennemente umida e ombrosa al mattino. Chi la percorre sa queste cose, ma molti non se ne rendono conto, ed ecco gli incidenti a ripetizione, da sempre, spesso mortali. Non è scritto da nessuna parte che uno debba essere pratico della strada, per non morirci.
Non sappiamo cosa la burocrazia e i tecnici dell’ANAS faranno stavolta – di fronte ad almeno due tombe recenti – ma, a lume di logica, prima di tutto occorrono dei segnali vistosi, ripetuti, lampeggianti, che attirino l’attenzione dei guidatori, che li avvertano del rischio di slittamenti e sbandamenti. E limiti di velocità da imporre, da rispettare a suon di sanzioni. Il che è utopico in una regione in cui il rigoroso limite di velocità controllata è stato rimosso persino nel traforo del Gran Sasso, presso l’ingresso dei laboratori. Forse dava fastidio a qualche auto blu… Sai com’è, se ti filmano poi la multa la devi pagare anche se sei un vip…
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