Dizionario migrazioni italiane nel mondo
E’ STATO PRESENTATO NELLA CITTA’ DELLA LANTERNA, PUNTO DI PARTENZA PER TANTI ITALIANI CHE SE NE ANDAVANO – (Foto: a colori il seminario, in bianco e nero immagini storiche di partenze e arrivi nel nuovo mondo)
di Goffredo Palmerini
Genova – Questa volta è stata la Città della Lanterna, così fortemente legata alla storia della nostra emigrazione, ad ospitare il Seminario di presentazione del Dizionario Enciclopedico delle Migrazioni Italiane nel Mondo (DEMIM), pubblicato da SER ItaliAteneo con la collaborazione scientifica della Fondazione Migrantes. L’emigrazione italiana tra Ottocento e Novecento è stata al centro del Seminario, tenutosi il 5 novembre scorso all’Archivio di Stato di Genova. L’evento, promosso dal CISEI (Centro Internazionale Studi Emigrazione Italiana) partner scientifico del Dizionario, ha visto tra i relatori Tiziana Grassi, ideatrice e direttrice del progetto, motore ed anima dell’opera, e del direttore editoriale Enzo Caffarelli. Un folto pubblico ha seguito i lavori del seminario, nonostante l’ Allerta Uno sulla città, gravemente flagellata da violenti nubifragi. Una partecipazione motivata, attenta, a conferma che l’emigrazione, sebbene persista un’inconcepibile distrazione di Istituzioni e classe politica del Paese su un fenomeno così significativo per la nostra storia, è tema centrale e quanto mai attuale, tra nuove mobilità che dall’Italia tornano a varcare i confini alla ricerca di lavoro, e gli 80 milioni di oriundi italiani nel mondo. Dunque una riflessione a tutto campo, quella tenutasi a Genova, stimolata delle tematiche trattate nel monumentale Dizionario sull’epopea migratoria italiana, resa possibile dall’iniziativa del CISEI in collaborazione con l’Archivio di Stato di Genova, il MuMa (Museo del Mare e delle Migrazioni), l’Università di Genova, l’Autorità Portuale e la Fondazione Casa America. Preceduto dalla firma del Protocollo di collaborazione scientifica tra CISEI e Ministero dei Beni e delle Attività Culturali, sottoscritto dal presidente del CISEI Fabio Capocaccia, e dal Soprintendente Maurizio Galletti, il seminario ha preso il via con il saluto del direttore dell’Archivio di Stato di Genova, Francesca Imperiale, che presentando il convegno ha espresso vivo apprezzamento per la ricchezza di contenuti del Dizionario Enciclopedico, al quale l’Archivio di Stato ha dato un rilevante contributo con il proprio patrimonio storico-documentale, come banche-dati, liste passeggeri, registri d’imbarco e giornali nautici. Tasselli rilevanti che contribuiscono a ricostruire l’ampio mosaico conoscitivo sulla Grande Emigrazione.
Maria Paola Profumo, presidente del MuMa – il più grande Museo marittimo del Mediterraneo – presente nel DEMIM con i cataloghi documentali relativi a mostre sulle migrazioni, nel suo saluto ha focalizzato le costanti che riguardano le partenze e i transiti transnazionali, dal passato al presente. Una dimensione che accomuna sia le attività scientifiche del MuMa, sia la costellazione semantica che il Dizionario ha affrontato nel curare lemmi di impianto ontologico come l’identità, la memoria, la nostalgia, lo spaesamento-sradicamento, il lutto migratorio, stereotipi e pregiudizi, costruzione di nuove territorialità. La parola è passata poi a Fabio Capocaccia, presidente del CISEI. Promotore dell’evento e moderatore del Seminario, l’ing. Capocaccia ha portato anche i saluti di Luigi Merlo, presidente dell’Autorità Portuale di Genova e di Roberto Speciale, presidente della Fondazione Casa America. Quindi è entrato nel vivo, sottolineando come la presentazione del DEMIM rappresenti il punto di arrivo d’una collaborazione che dura da oltre dieci anni tra Tiziana Grassi e il CISEI, “da quando Tiziana ci invitava in Rai International, a Sportello Italia, il programma di servizio per gli italiani all’estero di cui era autrice, una pietra miliare nel panorama informativo verso i nostri connazionali, a quando, nel 2009, presentammo a Genova presso il Museo Galata la sua opera multimediale in dvd “Segni e sogni dell’Emigrazione”, con Catia Monacelli e Giovanna Chiarilli (Eurilink, Roma 2009), opera alla quale il CISEI aveva collaborato sul piano scientifico e documentale. Un’opera che lei aveva fortemente voluto, come contributo originale alla valorizzazione del patrimonio di memorie e di cultura che l’emigrazione rappresenta per il nostro Paese. Da quel dvd nasce il progetto di questo Dizionario – ha proseguito Capocaccia – impresa veramente impegnativa, importante, che ha richiesto 5 anni di lavoro ad un team di 170 autori, tra studiosi, accademici e ricercatori. Il CISEI, che dalla sua fondazione dedica la propria attività alla costruzione di un Database computerizzato sui nomi e le vicende degli emigrati italiani, ha partecipato al progetto del Dizionario insieme ai migliori esperti nazionali, ritenendolo uno strumento prezioso, direi indispensabile, per tutti coloro che si avvicinano all’emigrazione, come terreno di studio, di ricostruzione storica, o più semplicemente ricerca delle origini della propria famiglia. E’ nostra intenzione dotare progressivamente il Database, che attualmente conta oltre 4 milioni di schede di emigrati italiani, di ogni utile riferimento, come un link naturale al Dizionario, allo scopo di realizzare un sistema multimediale integrato, con libero accesso da parte di studiosi e appassionati”.
“Porto di Genova, Archivio Centrale dello Stato, Archivio Ligure della Scrittura Popolare, CISEI, banche-dati, liste passeggeri, giornale nautico – diario di bordo, agenti di emigrazione, compagnie di navigazione, partenze, albergo degli emigranti, stazione marittima, biblioteche di bordo, medico di porto, nave, traversata, Navigazione Generale Italiana, oceano, solitudine, luoghi-simbolo, coraggio, orgoglio, sogni, resilienza, ritorno… Sono solo alcuni dei lemmi del racconto della Grande Emigrazione italiana tra Ottocento e Novecento raccolti in questo Dizionario e che sono fortemente connessi a Genova e alla sua storia e identità. Città alla quale sono molto legata per il suo essere luogo simbolo per eccellenza della diaspora italica che ha visto partire milioni di connazionali – ha dichiarato Tiziana Grassi nel suo intervento, illustrando genesi, impostazione e struttura del volume -, una città i cui studiosi di emigrazione hanno dato un significativo contributo di pensiero e competenze a quest’opera e che ringrazio per gli amplianti orizzonti disciplinari che hanno reso il Dizionario «una vera e propria summa di un fenomeno che ha segnato indelebilmente la storia del nostro Paese», come l’ha definito il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nel suo Saluto di apertura all’opera. Questo volume enciclopedico, che peraltro ho curato insieme ad altri 4 curatori , si pone come un continuum di ricerca con la mia precedente opera multimediale “Segni e sogni dell’Emigrazione”, passando dalla prospettiva semiotica – dei segni intesi nella doppia dimensione di lacerazioni interiori nella persona migrante ma anche come simboli archetipi delle migrazioni – alla dimensione semantica, ovvero al significato espressivo delle parole legate all’universo migratorio. Nell’opera il magmatico portato della nostra epopea viene affrontato non nella lineare sequenzialità temporale cui sono improntate le numerose pubblicazioni sulla storia dell’emigrazione, ma come mosaico multidisciplinare, composto dai numerosi tasselli conoscitivi che vanno dalla letteratura alla musica, dalla linguistica alla fotografia, dall’antropologia alla devozione, dal cinema all’arte, passando per statistica, associazionismo ( la vera sfida storico-culturale che oggi vive la Grande Emigrazione nelle sue generazioni e che non dobbiamo trascurare nei effetti di lungo periodo) e genealogia, alimentazione, storie di eccellenza. E ancora l’economia, la promozione del sistema Paese, il Made in Italy, l’internazionalizzazione delle imprese italiane, lemma curato dall’esperto di rapporti bilaterali Angelo Giovanni Capoccia, uno degli autori del Dizionario oggi qui presente, che ha focalizzato tutto il potenziale, anche economico, che più sistematiche e strutturate relazioni tra le ‘due Italie’ potrebbero mettere a frutto. Argomenti e prospettive disciplinari che ho voluto affidare allo ‘specifico’ di 169 studiosi ed esperti e che appartengono tanto agli aspetti teorici, ai sistemi valoriali, ai segni e ai simboli, ai sentimenti e alla psicologia, quanto a luoghi, fatti, oggetti concreti, ben circoscritti nel tempo e nello spazio”.
“Con molti degli autori – ha aggiunto Tiziana Grassi – ho stimolanti collaborazioni professionali sin dai tempi di Rai International e, tra tutti, penso al prof. Mario Morcellini dell’Università “La Sapienza” di Roma, che sin dall’inizio di questo mio progetto ha generosamente affiancato il progressivo strutturarsi del volume con un folto gruppo di studiosi del suo ateneo e che ha curato la smagliante Prefazione al Dizionario. Un volume complesso che ha richiesto cinque anni di intenso lavoro e che si articola in 1.500 pagine con 700 lemmi-articoli, 160 box di approfondimento, 17 appendici monotematiche e 500 illustrazioni e documenti storici che per anni ho cercato in musei, archivi, centri di ricerca e fondazioni, ottenendo anche numerosi patrocini di atenei italiani ed esteri, tra i quali mi fa qui piacere ricordare l’Università di Genova. Il Dizionario, con il coordinamento scientifico della sociologa Delfina Licata, che ha guidato anche il Comitato scientifico del Dizionario composto da 50 studiosi ed accademici, ha un taglio scientifico e al tempo stesso divulgativo, in una dimensione di servizio che è sempre stata il mio punto di riferimento sin dall’impostazione dell’opera e che ho condiviso con gli altri curatori del Dizionario, tra cui cito con particolare gratitudine Mons. Gian Carlo Perego, direttore della Fondazione Migrantes: una dimensione inderogabile per trasmettere alle comunità italiane all’estero, ai discendenti degli emigrati rimasti o tornati in Italia, a scuole, giovani, amministratori pubblici ed operatori culturali una pagina fondativa del nostro Paese. Una pagina troppo spesso trascurata, se pensiamo alla sua perdurante marginalizzazione nei testi scolastici e ai tagli ai finanziamenti che le istituzioni le riservano, mentre 80 milioni di connazionali nel mondo ci osservano e, nel registrare l’inquietante miopia da parte di questa Italia dentro i confini, sono in attesa di segnali d’una più matura e consapevole attenzione. Questo Dizionario, nei miei auspici – ha concluso la Grassi – ha anche l’obiettivo di risvegliare la coscienza collettiva sul nostro importante e ineludibile passato migratorio, che per molti aspetti è anche presente, come ha ricordato Maria Paola Profumo, e palpita nella complessità e nelle contraddizioni di un tempo ad alto tasso di nomadismo transnazionale”.
Sulla complessità e l’impegno necessari per realizzare un’opera così ampia ed articolata, è intervenuto Enzo Caffarelli, direttore editoriale del DEMIM, nonché tra i suoi curatori ed autori. “La realizzazione del Dizionario – ha sottolineato il prof. Caffarelli – ha presentato numerose sfide, che sta ora agli studiosi, ai protagonisti in ogni settore del fenomeno migratorio e al pubblico in genere stabilire se siano state superate o no. La prima era quella di coniugare lo stile del Dizionario con il carattere dell’enciclopedia, cercando di raccontare e analizzare più temi possibili, ma con il rischio di dimenticare o di sottovalutare alcuni aspetti. La seconda era quella di utilizzare, moltiplicato per 169 autori, un linguaggio che fosse utile e accettabile da parte degli specialisti come da parte del pubblico generale. E di trovare una sufficiente armonia, una coerenza stilistica nell’offrire un’opera che vuol essere, ovviamente, di servizio. Una terza sfida era raggiungere alcuni target che ai curatori e agli autori, oltre che evidentemente all’editore, stanno particolarmente a cuore. Per esempio le scuole, considerando quanto poco i giovani sanno delle migrazioni del passato e del presente. Per esempio i Comuni, attraverso in particolare le biblioteche, perché sono fra i principali protagonisti del grande fenomeno migratorio. Per esempio le associazioni di/per gli emigrati italiani all’estero, superando le barriere della lingua, della distribuzione e del costo dell’opera”.
L’intervento del prof. Fabio Caffarena, direttore dell’Archivio Ligure della Scrittura Popolare dell’Università di Genova, che ha aperto la sequenza dei contributi degli studiosi genovesi che in misura rilevante hanno collaborato alla realizzazione del DEMIM, ha sottolineato da una parte il ruolo svolto dall’Archivio Ligure della Scrittura Popolare (ALSP), attraverso la sua attività e il suo gruppo di lavoro, nell’ambito del Dizionario, dall’altra il patrimonio documentale conservato dall’ALSP, partner scientifico dell’opera, e le modalità di trattamento delle fonti. Il focus si è concentrato, attraverso un caso-studio particolarmente efficace, su un epistolario d’emigrazione ritrovato casualmente nella spazzatura, salvato proprio grazie al ruolo di presidio sul territorio che ormai svolge l’ALSP. Il prezioso ritrovamento – ha osservato Caffarena – ha consentito di sottrarre alla distruzione documenti di estremo interesse, appunto il caso d’una famiglia migrante le cui tracce sono state ritrovate anche nella banca dati dei partenti del CISEI, incrociate con le testimonianze orali e i ricordi ancora disponibili, rimontando così, non senza qualche sorpresa, una storia esemplare e al tempo stesso eccezionale di emigrazione. In tale contesto il Dizionario funziona come ‘risorsa quadro’, come strumento di consultazione da cui partire per orientarsi tra i temi e le problematiche che anche l’epistolario in questione pone. Se l’ALSP e altre istituzioni simili funzionano come rete – archivistica, ma non solo – il Dizionario fornisce le coordinate per muoversi all’interno di un ‘mondo migrante’ fatto di tracce e documenti labili, di lemmi da inseguire”.
Ancora centrale l’ALSP con il prof. Federico Croci, che trattando le migrazioni italiane tra accoglienza e contaminazioni culturali, ne ha tematizzato alcune parole chiave, curate dallo studioso per il ponderoso volume enciclopedico. Un intervento incentrato sul ruolo svolto dai luoghi-simbolo delle migrazioni italiane nelle Americhe e sulle marcate interrelazioni culturali rilevabili attraverso l’analisi delle lingue parlate degli emigrati nei Paesi ospiti. “Nei principali porti di destinazione dell’emigrazione transoceanica – ha osservato Croci – per ricevere gli emigranti in arrivo venivano allestite strutture dedicate all’accoglienza che espletavano le formalità burocratiche relative all’ingresso nel Paese ed i controlli igienico-sanitari. Castel Garden ed Ellis Island a New York, Pier 21 ad Halifax, l’Hotel de Inmigrantes a Buenos Aires, Ilha das Flores a Rio de Janeiro o Angel Island a San Francisco erano dunque i luoghi-simbolo dell’attraversamento dei confini e, in certa misura, l’ultima fase di un rito di passaggio, dalla condizione di cittadino a quella di migrante, iniziato nei porti d’imbarco. Spesso queste strutture venivano presentate come confortevoli e al servizio degli emigranti. In realtà si trattava di luoghi in cui le persone venivano ammassate allo scopo di essere selezionate, si trattava cioè di luoghi nei quali le politiche e le aspirazioni al controllo della mobilità umana da parte degli Stati nazionali assumevano le forme concrete della selezione dei migranti sulla base del gradimento politico, etnico, razziale, religioso ed eugenetico. Le gendarmerie nazionali fungevano da filtro o da sbarramento contro gli emigranti considerati indesiderabili. Spesso con accanita diligenza cercavano di far rientrare un mondo di sogni, speranze, strategie, progetti di vita e aspettative all’interno di maglie che potevano restringersi a seconda del governo in carica o del momento politico e che corrispondevano al modello di migrante ideale che le élite nazionali immaginavano facilmente e docilmente integrabile nella società ospite. Così come questi luoghi-simbolo rimandano ad un momento fondativo del processo migratorio, carico di elementi simbolici, le lingue parlate dai migranti, dal ‘broccolino’ al ‘cocoliche’, dall’ ‘australitalian’ al ‘carcamano’, sono il prodotto di un atteggiamento duplice da parte dei migranti. Si tratta di lingue che sono il frutto di un intreccio tra i dialetti d’origine, la lingua italiana e la lingua del Paese ospite; testimoniano la determinazione a mantenere la propria identità linguistica, a conservare le proprie tradizioni e, al tempo stesso, l’adattamento all’italiano dei prestiti di lingue altre, documenta un’apertura alla lingua della cultura dominante, certifica un processo di trasformazione. Convivono in queste parlate conservazione e innovazione, resistenza identitaria e integrazione. In esse si possono ritrovare frammenti di storie di sradicamento ed estraneità, di esclusione e isolamento, schegge di affetti, appartenenze e radici travolte dalle trasformazioni che il meccanismo migratorio ha inesorabilmente innescato. In ultimo, possiamo rinvenire l’estrema vitalità della cultura popolare capace di innovazioni, re-invenzioni creative e di una efficacissima potenza espressiva. Il Dizionario Enciclopedico – ha concluso lo studioso – è, in fondo, anche questo: un intreccio di percorsi multidisciplinari che aprono spunti di riflessione e stimolano ulteriori filoni di ricerca su uno dei fenomeni che hanno costruito la nostra identità nazionale”.
Genova principale porto di partenza dell’epopea italiana e “archivio della memoria” delle migrazioni italiane tra Otto e Novecento, è stato il focus dell’intervento del prof. Carlo Stiaccini, ricercatore del CISEI, che ha sottolineato quanto “la presentazione del Dizionario Enciclopedico sia l’occasione per illustrare il rapporto che esiste tra le voci del Dizionario, che ho avuto il privilegio di scrivere, e gli archivi storici presenti a Genova. L’occasione per tentare di fare, in breve, il punto sul patrimonio archivistico presente in ambito genovese, utile a ricostruire i rapporti tra il territorio ligure, le sue istituzioni pubbliche e private, e il fenomeno migratorio italiano, a partire almeno dal XIX secolo e dal ruolo appunto che in questo lungo periodo ha avuto Genova come porto d’imbarco e luogo fra i più trafficati in Italia sulle rotte tra Europa e Paesi Americani. Voci come Liste di imbarco, Giornali nautici – Diari di bordo, Agenti di emigrazione, Porto di Genova, Navi-Pisoscafi, rimandano ad un giacimento di documenti e di memoria unico in Italia. La serie di registri conservata presso l’Archivio di Stato di Genova denominata ‘Spedizione passeggeri’, prodotta dall’Ufficio di Sanità Marittima del porto, sono uno dei pochissimi esempi oggi presenti in Italia, se non l’unico, di registrazione delle partenze da un porto italiano. Così i Giornali nautici, meglio conosciuti come Diari di bordo sono un documento prodotto dai comandanti dei piroscafi e sono una fonte preziosissima e possono essere considerati a tutti gli effetti dei racconti di viaggio, capaci di restituire informazioni per nulla scontate sulle vicende legate a quel fenomeno straordinario di mobilità che ha riguardato nei decenni a cavallo fra Otto e Novecento le due sponde del l’Oceano e che indirettamente ha visto protagonisti anche i comandanti dei piroscafi. I giornali nautici, più di 12.000 esemplari conservati a Genova, sono una fonte preziosa non solo evidentemente per la storia del trasporto marittimo ma anche per una storia sociale delle migrazioni per mare in età contemporanea. Non possiamo non dire qualcosa sulla voce Porto di Genova, voce altrettanto strettamente collegata a documenti conservati all’Archivio di Stato. Basti pensare, per esempio, alle serie prodotte dalla Prefettura in epoca pre-post unitaria (sicurezza e ordine pubblico in città e nel porto, rilascio passaporti per l’estero ecc.). Genova e il suo porto sono stati per almeno un secolo la “Porta per le Americhe”, ovvero l’imbarco scelto da milioni di persone dirette oltreoceano. Il Dizionario, mi sento di dire anche per questo suo forte rapporto col territorio – ha concluso Stiaccini -, può essere inteso come una straordinaria mappa di parole che rimandano a formidabili depositi della Memoria utili a capire meglio, e più a fondo, un tema centrale della storia italiana recente, che sovente si è tentato di normalizzare, semplificare e uniformare ad una serie di stereotipi ben noti”.
Una prospettiva sociologica e linguistica di approfondimento, quella introdotta dal prof. Stiaccini, ampiamente affrontata nel Dizionario Enciclopedico delle Migrazioni italiane in numerosi lemmi interconnessi, tra discriminazioni, razzismo e xenofobia, termini dispregiativi e denigratori, nomignoli gergali, soprannomi con cui gli italiani sono stati designati all’estero e che risentivano della stigmatizzazione di attributi culturali e sociali, di natura alimentare, storica, politica o linguistica, professionale o ideologica, spesso legati alle caratteristiche fisiche o alle origini etniche dei nostri connazionali. Ma sul sistema concettuale di ipersemplificazione per stereotipi su comportamenti e caratteristiche ritenuti tipici di un determinato gruppo etnico o nazionalità, e sull’indesiderabilità dei nuovi venuti espressa dalla popolazione ospitante, il celebre studioso di emigrazione Gian Antonio Stella, in un suo saggio (L’orda, Rizzoli, Milano 2002) che affronta un puntuale confronto tra passato e presente, tra emigrazione italiana all’estero e immigrazione straniera in Italia, osserva: “Non c’è stereotipo rinfacciato agli immigrati di oggi che non sia già stato rinfacciato, un secolo o solo pochi anni fa, a noi. «Loro» sono clandestini? Lo siamo stati anche noi: a milioni, tanto che i consolati ci raccomandavano di pattugliare meglio i valichi alpini e le coste non per gli arrivi ma per le partenze. «Loro» si accalcano in osceni tuguri in condizioni igieniche rivoltanti? L’abbiamo fatto anche noi, al punto che a New York il prete irlandese Bernard Lynch teorizzava che ‘gli italiani riescono a stare in uno spazio minore di qualsiasi altro popolo, se si eccettuano, forse, i cinesi’. «Loro» vendono le donne? Ce le siamo vendute anche noi, perfino ai bordelli di Porto Said o del Maghreb. Sfruttano i bambini? Noi abbiamo trafficato per decenni coi nostri, cedendoli agli sfruttatori più infami o mettendoli all’asta nei mercati d’oltralpe. Rubano il lavoro ai nostri disoccupati? Noi siamo stati massacrati, con l’accusa di rubare il lavoro agli altri. Fanno troppi figli rispetto alla media italiana mettendo a rischio i nostri equilibri demografici? Noi spaventavamo allo stesso modo gli altri. Eravamo sporchi? Certo, ma furono infami molti ritratti dipinti su di noi. […] La verità è fatta di più facce. Sfumature. Ambiguità”. Ieri, all’estero, eravamo mangiamaccheroni, wog (virus, parassita), babis (rospi) o bat (pipistrelli). Oggi etichettiamo gli “altri” con un sommario e spregiativo vu cumpra’. Corsi e ricorsi storici. In assenza di Memoria.
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