De Sica e l’Abruzzo nel suo cinema
L’Aquila – (di G.Col.) – Il commendatore, come lo chiamava rispettosamente anche sul set Mastroianni, era nato a Sora, cioè quasi Abruzzo. L’uomo che ha reso mondiale il cinema italiano, il maestro del neorealismo più puro sul grande schermo, Vittorio De Sica (morto 40 anni fa e celebrato in questi giorni) ha sempre messo molto Abruzzo nei suoi film, sia pure indirettamente. Ed è giusto, oltre che curioso, ricordarlo.
Maria Pia Casilio – l’attrice morta da poco – era nata a S.Pio delle Camere e viveva a Paganica. Agli inizi degli anni ’50, De Sica venne a L’Aquila per cercare volti utili per i suoi personaggi: lui che diceva di saper ricavare la recitazione anche dai sassi.
Lì scelse, in una sala gremita del cinema Rex, la ragazzina che divenne famosa nel film stupendo “Umberto D.”, un capolavoro senza tramonto.
Aquilano era il ragazzino di “Ladri di biciclette”, un altro lavoro di De Sica che ha reso l’Italia santuario del cinema agli occhi del mondo nel primo dopoguerra. In alcuni paesi di montagna abruzzesi furono girate diverse scene con la Lollogrigida (anche lei quasi abruzzese di Subiaco…) di “Pane amore e fantasia”, un film che ancora oggi non conosce tramonto ogni volta che la tv lo ripropone, cioè tre o quattro volte l’anno.
In quel borgo sassoso di montagna, povero, nel quale il maresciallo De Sica indossava la divisa dei carabinieri con impareggiabile maestria recitativa e interpretativa, si parlava abruzzese, c’era l’asino caro alla Lollo – creatura tipica del mondo abruzzese di quei tempi – e c’era alla fine anche il terremoto, che distrugge tutto e uccide pure l’asino. E c’era anche Virgilio Riento, attore abruzzese in tonaca da prete.
Il maestro, che è poi passato alla storia come espressione tipica della napoletanità , aveva evidentemente nel sangue un’attrazione per la nostra regione, un’attenzione particolare per volti, dialetti, persone, anime della montagna nostrana.
E’ raro che un uomo del cinema sopravviva a se stesso con tanta vigorìa, a 40 anni dalla morte (una delle ultime interviste alla radio la rilasciò con voce stanca e debole, perché era già ammalato, proprio alla Rai abruzzese), oggi più vivo, amato, stimato che mai. In questo senso, il regista e attore, ma anche scrittore e cantante in gioventù, è un gigante, una essenziale espressione artistica. Non lo dicono soltanto gli Oscar che ebbe. Lo dice il pubblico che ancora oggi si siede davanti alla tv quando c’è lui. Un trasporto di simpatia e di ammirazione non facilmente ripetibile.
Grazie, maestro. Ci fai compagnia e ci rendi la vita meno squallida solo apparendo sul piccolo schermo, elegante e sornione, o profondamente drammatico con nel “Generale Della Rovere”. E poi grazie per aver inventato l’eros italiano – pochi minuti passati alla storia che infuriano ancora oggi su Internet – con lo spogliarello di sua maestà Sophia Loren in “Ieri, oggi, domani”. Lei ha 80 anni, ma non tramonta. Anche grazie a quella sequenza. E all’ironia maliziosa e dolce di Vittorio De Sica.
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