TSA, il candore spavaldo
IL PROBLEMA NON SONO GLI ATTORI, MA LA REGIA… – Riceviamo da Antonio Lucifero – cittadino: “Oggi a pagina 34 del Messaggero (ed. Abruzzo) si legge un articolo riguardante il TSA. Già dal titolo, non so se volontariamente ironico ma anche inquietante (… ci sarà posto per tutti.), emergono anomalie non di poco conto. Il TSA è Ente Teatrale Regionale, i soci sono:La Regione Abruzzo, il Comune dell’Aquila, la Provincia di Chieti (dal 1° Gennaio socio uscente) e la Provincia dell’Aquila, quindi a tutti gli effetti un Ente pubblico, ergo tutte le cariche ad essa collegate dovrebbero essere sottoposte a pubblico concorso, così come avviene per istituzioni analoghe (in questi casi gli statuti perdono il tempo che trovano).
Niente da dire su Preziosi, nome popolare (ci chiediamo se ancora abbia senso assoldare nomi di grido senza valutarne le reali capacità logistico-organizzative e la precipua conoscenza del territorio) e di pubblico richiamo, niente da dire su D’Alatri, regista dalle indubbie capacità artistiche e competenze nel settore, forse qualcosa si potrebbe insinuare, per questioni di eleganza ma anche di opportunità, su Federica Di Martino nei meriti artistici della quale non si entra ma che sicuramente fa saltare agli occhi un rigurgito del vecchio sistema nepotistico (suo zio Remo, come sottolineato nell’articolo, è consigliere delegato dell’Ente dalla Provincia di Chieti – per carità sicuramente sarà oggetto di smentita in quanto la Provincia di Chieti è socia uscente).
Altra nota leggermente stonata la volontà di stabilire un legame coproduttivo costante con tal “Ko.Ra” o meglio “Chi è di scena service” di cui Preziosi è socio. Una volta il TSA si interfacciava con strutture ben più prestigiose (vedi Teatro di Parma o L’Accademia di Arte Drammatica Silvio D’Amico). Come sempre il problema non sono gli attori della commedia ma la regia. I modi del sistema necrotico che gestisce la cultura, settore vitale e strategico nel panorama italiano, non hanno subito alcuna variazione nonostante i tempi indicano la necessità di un prepotente cambio di rotta. Che nella camera caritatis del CDA si prendano decisioni dettate dalle opportunità piuttosto che dalla pubblica utilità potrebbe non essere dato saperlo, ma almeno, per rispetto dei contribuenti, un certo decoro istituzionale andrebbe mantenuto”.
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