L’Abruzzo di Tanzio incontra Caravaggio
L’Aquila – Già il Palazzo, meraviglioso, meriterebbe una visita. E’ nel centro storico di Napoli, via Toledo, la più allegra del mondo secondo Stendhal. Già l’ultimo Caravaggio, Il Martirio di Sant’Orsola lì tornato finalmente dopo 500 anni, un’altra. Ma a questa felice intersezione si aggiunge un ulteriore motivo: “Tanzio da Varallo incontra Caravaggio – Pittura a Napoli nel primo Seicento” a Palazzo Zevallos fino all’11 gennaio 2015. Siamo nel XVII secolo.
Il pittore, Tanzio, scende a Sud, da una piccola località alpina, nell’Alta Valsesia, Nel 1600 si ferma a Roma nella bottega del Cavalier d’Irpino e, abbagliato dai fasci di luce del Caravaggio, si sposta poi a Napoli lungo quella via degli Abruzzi dove è possibile rintracciare la sua attività. E così di questa mostra che svela, con ventinove opere, il percorso dell’artista a Napoli e nel Viceregno, in contatto con gli altri interpreti del naturalismo, spiccano i tre dipinti concessi in prestito dall’Arcidiocesi di Chieti-Vasto, grazie alla sensibilità di Mons. Bruno Forte: i due capolavori di Tanzio provenienti dalle chiese di Fara San Martino e Colledimezzo e l’inedito San Francesco in estasi da Casoli, riconosciuto a Fabrizio Santafede.
La Soprintendenza BSAE dell’Abruzzo partecipa – dice un a sua nota – come partner istituzionale, mentre Lucia Arbace, che la dirige, è membro del Comitato scientifico e autrice di un saggio in catalogo nel quale vengono aperti nuovi percorsi di ricerca su Tanzio a L’Aquila. I volti dei santi e dei devoti, raffigurati nelle pale d’altare rintracciate nella regione, emergono da fondi scuri esprimendo il talento dell’artista per i ritratti dai sentimenti austeri di una religione contratta sulla penitenza e sull’espiazione. Una collaborazione, quella abruzzese, che concorre alla comprensione non solo di Tanzio da Varallo ma anche del fenomeno caravaggesco. Un legame, quello dell’arte, che riannoda L’Aquila e Napoli, così imprescindibilmente unite nella storia della civiltà meridionale.
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