Perchè un dopo Aielli equivoco?
Con logica stringente, oggi l’assessore alla ricostruzione dell’Aquila, Pietro Di Stefano, si chiedeva in un’intervista alla tv: Paolo Aielli, deposto deus ex machina dell’ufficio speciale, è stato rapidamente collocato ai vertici della Zecca, e va bene, sicuramente sarà capace e adeguato. Ma come spiegare il troppo tempo che Roma impiega per sostituirlo a L’Aquila? Tanta rapidità per elevare l’uomo ai vertici della Zecca, tanta lentezza per sostituirlo in una città a ricostruire? Non ha molto senso. C’è chi pensa che non ne abbia alcuno, oppure uno ambiguo.
Il dopo Aielli esteso nel tempo, in troppo tempo, lascia à dito a perplessità che impiegano poco a diventare sospetti. Quell’uomo chiave deve essere sostituito con un personaggio bravo, competente, ben informato della situazione aquilana. Su questo non ci piove. Piove, invece, anzi diluvia sul fatto che i giorni passano, tutto si impantana, tutto peggiora, e la nomina non arriva. Aielli è andato via, nessuno ha sostituito Aielli. Davvero assurdo, o peggio?
La storia, perché ormai di questo si tratta, ha qualcosa di equivoco, oltre che di dannoso per la città , che di ritardi, inerzie, silenzi non ne può più. Sono presenti tutti i requisiti per imbastire malizie, supposizioni esiziali, ipotesi agghiaccianti. Sospetti di manovre politiche per collocare ai vertici dell’ufficio speciale personaggi graditi a istituzioni, partiti, uffici romani capacissimi di infliggere alla città e al cratere almeno altri cinque anni e mezzo di sofferenze. Che sarebbe come dire: la pena di morte.
Aielli sia sostituito subito (ma è già tardi) e bene. Per ora L’Aquila lo chiede con ferma educazione, anche se il nervosismo serpeggia e la rabbia sale di temperatura. Oltre un certo livello, anche la pentola a pressione più robusta può esplodere.
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