Domani al voto per tre province
L’Aquila – (Immagine: le province abruzzesi, in quella azzurra – L’Aquila – non si vota domani ma nel 2015) – Domani 12 ottobre cambia la storia delle elezioni in Italia. Per la prima volta si va alle urne, ma senza i cittadini, in Abruzzo nelle province di Pescara, Chieti e Teramo. In quella dell’Aquila si voterà nel 2015, perché gli eletti in carica restano un anno in più, a causa del rinvio del voto nel 2009 per il terremoto. Gli aventi diritto al voto sono i sindaci e i consiglieri comunali, che sceglieranno i presidenti e i consigli dei loro territori, con evidente maggiore possibilità di espressione per i sindaci dei centri maggiori, grazie al meccanismo elettorale. Gli eletti nelle nuove province – che non avranno assessori – non percepiranno stipendi, ma solo rimborsi spese : si spera in riferimento a quelle effettivamente sostenute e documentabili nell’ambito del mandato.
Lo Stato risparmierà del denaro, anche se non poi tanto come forse sperava il legislatore riformatore delle regole. Gli aventi diritto al voto sono alcune centinaia in ogni provincia, quindi scrutini e risultati dovrebbero arrivare rapidamente fin da domenica sera tardi. Candidati sono alcuni presidenti uscenti e alcuni sindaci. I presidenti uscenti Di Giuseppantonio e Catarra si sono chiamati fuori. Il primo ha scelto di fare il sindaco del suo paese, Fossacesia.
Tutto si è svolto senza clamore e la gente, praticamente, non ne sa quasi nulla né mostra particolare interesse a saperne. All’italiana, si attua una riforma che in qualche modo è anche storica, ma nessuno sa esattamente quali saranno le competenze delle future province ( o provincette…), se avranno risorse, in cosa potranno essere utili alla collettività , oltre che a se stesse. Ovviamente, il personale degli enti conserverà incarichi e posti di lavoro.
Appliacando i principi della migliore ipocrisia politica nazionale, sono caduti tutti i progetti di autentica riforma, a cominciare dalla totale cancellazione delle province (da molti auspicata), fino agli accorpamenti, tipo Chieti-Pescara o L’Aquila-Teramo, che avrebbero causato guai a non finire, lotte di campanile, assurdità tipo la sparizione come capoluoghi di città come Chieti o Teramo.
Una mezza riforma, insomma, che include anche le province create per clientelismo e politica di basso conio negli ultimi anni, come Barletta-Trani, Fermo, Biella e altre. Uno dei risultati peggiori, che però non preoccupa un paese abituato ormai all’ignoranza di massa, è che ormai nessun italiano sa quante province esistono, né a scuola si insegna più roba del genere. E anche sui giornali, e in tv nazionali, purtroppo, si leggono e si sentono asinerie tipo “provincia di Balsorano” o “provincia di Civitanova Marche”, supponendo che chi scrive voglie dire soltanto “vicino a Balsorano o a Civitanova Marche” e ignori cosa sia una provincia.
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