Ad un anno dall’inizio della fine: terremoti dal 2005, e mai nessuno se n’è preoccupato
L’Aquila – (Gianfranco Colacito) – Il terremoto, quello ufficiale culminato il 6 aprile, ha un anno. I dati, le liste sismiche, gli appunti giornalistici, gli storici improvvisati parlano di una prima scossa di magnitudine locale 1,8 il giorno 14 dicembre 2008. Il 2009 comincia male, anzi malissimo: a gennaio sette scosse , magnitudine locale fino a 2,7. Febbraio ne regalò una decina. Marzo ben 22, fino a 3,3 di ml, e aprile segnò il vertice della crisi sismica. Poi tutto il resto. Ma se torniamo indietro, terremoti ce ne furono anche a ottobre 2008 (con un forte 3,4 ml), e a luglio 2008, magnitudine 3,2, epicentro nell’area di Pizzoli. Naturalmente parliamo dei sismi avvertiti, perchè quelli strumentali sono stati migliaia e migliaia.
Sono almeno 17-18 mesi quelli che gli aquilani hanno trascorso ballando, fino a pochi giorni fa, con epicentri localizzati a Nord (Valle dell’Aterno e monti confinanti con il Reatino), presso la città e nella bassa Valle dell’Aterno fino all’Altopiano di Navelli e all’Altopiano delle Rocche.
Mettiamo da parte i fenomeni avvenuti nella Valle Peligna e altrove, e lo sciame, molto recente, tra Parco d’Abruzzo e Frusinate: un luogo molto pericoloso, visto che generò i forti sismi del 1984 e del 1985 di cui risentì l’intero Centro Italia.
La storia dei terremoti più recente, tuttavia, non si ferma qui.
Chi ha buona memoria e soprattutto archivi aggiornati e attendibili, può facilmente risalire indietro fino al 2005, e contare tutti i terremoti avvertiti dalla popolazione, a distanza di mesi magari l’uno dagli altri, soprattutto nell’Alta Valle dell’Aterno tra Pizzoli, Capitignano, Montereale e su fino ad Amatrice in direzione Nord, e fino a Borbona-Cittareale in direzione Nord-Ovest. Altri fenomeni a sciame si ebbero negli anni scorsi nell’area di Scoppito.
La linea di fuoco che solca l’Aquilano dalla zona peligna fino a Montereale, con la famosa faglia sotto Paganica e “a sfioro” rispetto al centro aquilano, visto che passa per Pettino, è attiva da almeno 5-6 anni e si è fatta sentire decine e decine di volte. C’è da chiedersi come mai gli studiosi non abbiano mai tenuto conto di questa sequenza sismica, sicuramente diluita nel tempo, ma sempre riferibile alla medesima dislocazione della faglia e delle sue ramificazioni. C’è da chiederselo soprattutto sapendo che praticamente la Protezione civile abruzzese non esisteva, come dichiarò qualche mese fa l’assessore regionale Daniela Stati. I comuni non erano preparati, lo stesso comune dell’Aquila era all’anno zero e balbettava qualche tentativo di prevenzione e organizzazione proprio qualche mese prima del 6 aprile scorso, come attestano anche alcune nostre interviste.
C’è poi la lunga, inquietante storia dei vari dossier e studi insabbiati, fatti sparire, occultati o chiusi nei cassetti: si sapeva perfettamente che tutti i palazzi del centro storico erano a rischio crollo, cominciando da quello della prefettura. Ma è ormai una storia nota.
A noi preme, nell’anniversario dell’inizio ufficiale del terremoto distruttivo (1 anno ieri, 366 giorni oggi) mettere in chiaro che il terremoto cominciò molto tempo fa, ed era stato prodigo di avvisaglie da alcuni anni almeno. Rispondano scienziati e apparati di sicurezza, autorità e istituzioni, commissioni grandi rischi e quanti altri non hanno mai aperto bocca, quando sarebbe stato saggio quanto meno allestire una prevenzione serena, intelligente, ben organizzata e funzionante. Prepararsi a qualcosa che è inevitabile: questo si sarebbe dovuto fare. E’ bene dirlo forte e chiaro a 366 giorni dall’inizio della fine.
Il discorso è assai sgradito a tutti i livelli, e scotta nei palazzi, più quelli romani che quelli locali che, comunque, hanno le loro gravose, pesanti responsabilità di fronte – almeno – a quei 307 morti (di 205 dei quali fu celebrato il funerale il 9 aprile) – davvero senza pace, e anche senza rispetto, visto che non si celebra neppure una cerimonia per ricordarli. Una tutta per loro, almeno a Natale, per chi crede che serva a qualcosa.
(Nelle immagini: La faglia detta di Paganica nel tratto che sfiora la città, con andamento ipogeo inclinato verso Lucoli-Tornimparte e sotto gli epicentri delle scosse fino al 18 aprile)
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