Ora ci sono i vip, la Banca dell’Aquila può nascere
L’Aquila – (G.Col.) – Gli uomini dei soldi hanno detto sì. Ora che sono arrivati i big, i pezzi da novanta con le loro estese disponibilità (leggi: soldi) la Banca dell’Aquila – creatura dalla sofferta gestazione che dura da anni – può diffondere i suoi vagiti. Può davvero nascere come presenza di svolta nel contesto della città e del suo circondario. Dei 5 milioni necessari ne sarebbero stati raccolti (non a chiacchiere, ma a soldoni) 4 e ne mancherebbe uno, somma che per noi comuni mortali è enorme. Per i boss uno scherzo.
Nell’ultima riunione pubblica è stato confermata anche la vicinanza del Comune all’iniziativa, dunque una sorta di avallo istituzionale, forse anche politico, prevedibile del resto dalle parole che il sindaco Cialente ha fatto circolare qualche giorno fa. In sostanza, avversione nei confronti della BPER che non si fa amare e continua a notificare scelte discusse e discutibili: la sede direzionale a Lanciano. Lo sforbiciamento dei posti di lavoro a L’Aquila. Lo svuotamento di fatto sia del ruolo che dell’immagine lasciata dalla compianta Cassa di risparmio. Con sgomento della gente.
L’ostilità abbastanza manifesta nei confronti della BPER e delle sue scelte maturate a Modena, per quanto legittime, corrette e sicuramente meditate dal gruppo bancariio emiliano, fa dell’attuale il momento più favorevole al parto di una banca locale concepita e costruita su risorse locali, o che almeno si è portati a considerare locali. Un fenomeno palese anche in altre realtà, visto che a Teramo sono riusciti – dopo le vicende non entusiasmanti della Tercas finita con la Caripe in mani pugliesi – a creare la Banca del Vomano.
A L’Aquila, dopo le ultime annunciate adesioni di alcuni potentati economici, tipo l’associazione costruttori ANCE e altri, c’è il rischio che gli ultimi vip “pesanti” siano arrivati per sedersi in serpa e comandare sulla banca nascitura. Evento in parte inevitabile, perché se metto i soldi, desidero anche avere voce in capitolo. Ma facendo tali ragionamenti si entra a gamba tesa nei delicati meccanismi di ogni gestione in cui conta chi mette più soldi. Una banca, del resto, è prima di tutto una raccolta di denaro: come pensare che accada qualcosa di diverso? La banca aquilana avrà le caratteristiche di un istituto di credito (una bcc?) che opererà nel territorio e a favore del territorio.
Solo facendo così, la nuova entità potrà crescere e prosperare: se il territorio mostrerà vivacità, correttezza, la banca sarà in salute. Sempre tenendo a mente che negli anni a venire a L’Aquila e dintorni dovrebbero “circolare” somme rilevanti, si parla di 10 miliardi per la ricostruzione, che è in corso, ma solo in minima parte.
Rischi di speculazioni ne esistono, come sempre, tanto più che alcune nuove e decisive adesioni provengono dal mondo dei costruttori e dei commercianti. Non nascondiamoci dietro un dito: nessuno fa niente per niente.
La ricostruzione – che al momento potrebbe definirsi ricostruzione secondo Matteo, visto che Renzi starebbe per arrivare con buone novelle – è un grande business: non potrebbe essere un’altra cosa. Una banca locale nasce sapendolo, anzi forse nasce proprio in diretta connessione con la ricostruzione. Mettiamoci l’anima in pace. Ma prendiamo anche coscienza che qualcosa sta cambiando, in questa città, anzi meglio potrebbe cambiare molto presto.
Resta un enigma: capire perché la BPER, sapendo benissimo queste cose, abbia optato per un comportamento che è poco definire spinoso, che sta deludendo tanti, anche i vip della politica e delle istituzioni. Inverosimile pensare ad un errore di Modena. Che, se davvero lo avesse commesso e non ci fosse altro come retroscena, sarebbe rovinoso e anche un po’ autolesionista.
Per chiudere, è giusto dire: ben venga la Banca dell’Aquila. Tutto il resto lo vedremo.
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