Esposto su malattie infettive nei parchi
Ofena – ANNI FA SI NASCOSERO CASI DI CARBONCHIO, ORA SI ACCUSANO ANCORA GLI ALLEVATORI PER LA TBC – Scrive Dino Rossi (Cospa) in un esposto inviato a tutte le autorità competenti: “Accusare sempre gli allevatori per la diffusione di malattie infettive, è diventato di moda nella nostra regione, ma c’è chi per anni, con i soldi pubblici ha infettato gratuitamente il nostro patrimonio zootecnico e le nostre montagne. Qualche tempo fa in Abruzzo e più precisamente, nelle pendici del Gran Sasso, proprio nel cuore del parco, ci sono stati casi di carbonchio, si proprio così per chi non l’avesse capito carbonchio!
Tutto stato tenuto segreto, nessuno ne ha parlato, ma intanto i vitelli morivano di carbonchio. Forse è una coincidenza, ma in quel periodo sono stati rintrodotti cervi e caprioli proveniente dall’est Europa, in barba al regolamento sulla introduzione della fauna selvatica, animali mai esistiti prima su tutto il territorio abruzzese.
“Oggi si sente di nuovo accusare gli allevatori ricadenti nelle aree parco del Pnalm per la diffusione della TBC, tubercolosi bovina trasmissibile all’uomo, riparato da alcuni quotidiani locali. È bene fare chiarezza!! Gli animali che vengono portati in alpeggio, obbligatoriamente devono essere muniti di apposito modello quattro, rilasciato dalla ASL di competenza, detto modello l’azienda sanitaria locale lo rilascia solo se l’allevamento è indenne da malattie infettive. A questo punto sorge la fatidica domanda spontanea: se gli animali che vanno in alpeggio partono sani dagli allevamenti, dove contraggono la malattia?
Alla fatidica domanda un risposta più che esauriente. Noi diciamo che sono infetti gli animali selvatici del parco, mai monitorati e mai testati per le malattie infettive. I parchi si limitano solo alla reintroduzione della specie, peraltro non autoctona, come prevede il regolamento. Se per gli animali domestici esistono profilassi cosi rigide, lo stesso dovrebbe essere perla fauna rintrodotta, anche questi animali devono avere le documentazioni sanitarie idonee: o no? A questo punto, per il bene del patrimonio zootecnico e perché no, anche della fauna selvatica, sarebbe opportuno verificare se la documentazione sanitaria di tutte le aree protette, a supporto della introduzione della fauna selvatica al fine di verificare che gli incartamenti rispettino le normative sanitarie vigenti sul nostro territorio nazionale.
Principalmente c’è bisogno di monitorare la fauna selvatica di tutti i parchi ricadenti nella nostra regione, perché di casi di TBC non è solo quello portato in auge dai media, di casi come l’allevamento in questione ce ne sono tanti e quasi tutti sono in contatto con la fauna selvatica. Quindi, se in caso gli animali selvatici risultassero infetti, bisognerebbe predisporre l’abbattimento come previsto dalla Legge sanitaria e più tempo passa e più la fauna selvatica egli allevamenti zootecnici sono a rischio, per non parlare della salute pubblica”.
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