Esuli, senza la loro città devastata migliaia di aquilani sconvolti e provati sull’Adriatico


Esuli, senza la loro città devastata migliaia di aquilani sconvolti e provati sull'AdriaticoL’Aquila – Migliaia di aquilani esuli, vaganti per l’Abruzzo, accolti con commovente partecipazione in tutti i centri della costa. Esuli e senza la loro città devastata, che riescono a vedere solo in tv nelle immagini rilanciate da tutte le tv del mondo. Alle 19,50, nuova forte scossa avvertita in mezza Italia e nitidamente anche lungo tutti i centri della costa. In città altri gravissimi crolli, inservibile anche il viadotto di Belevedere. il Il nostro sito ha subito il 6 aprile un danno, come quasi tutti, e non ha potuto essere con chi lo legge per molte ore. Noi stessi siamo ormai senza casa e senza redazione: solo il miracolo del computer e di internet. Ci ritroviamo, facce provate e occhi cerchiati, qua e là per l’Abruzzo, e ci sentiamo per telefono. La tragedia è entrata in casa di InAbruzzo.com . Consentiteci un dolore chiuso da non raccontarvi. Ma profondo, insanabile.
Non avremmo mai potuto neppure supporre di dover subire prove tanto dure, cominciate con l’umana paura dei terremoti e continuate poi oltre ogni immaginazione: impotenti e stralunati, colpiti e affondati.
Vi raccontiamo, dunque, non ciò che vi raccontano ormai di minuto in minuto, con mezzi imponenti, tutti i mass media televisivi, ma altro: impressioni destate da una cittadinanza smarrita non solo psicologicamente, ma fisicamente: chi di qua e di chi là, con l’incubo di ciò che verrà, dei mesi e degli anni che ci aspettano. Aquilani che girano sfiniti, stanchi, senza più nulla delle cose che avevano, costretti a comperare tutto nei supermercati. Per fortuna, dicono tanti, ci sono i centri commerciali con prezzi confortevoli e posti in cui mangiare senza rovinarsi. Trovi gente che conosci, o non conosci ma riconosci comunque, in ogni posto adriatico in cui vai. E’ doloroso, questo esilio tragico, ma è anche confortante: solidarietà, gentilezza, accoglienza da tutti. Racconti reciproci di dov’eri e cosa ti è acceduto, di come hai percepito in quella scossa tremenda la netta sensazione di essere arrivato alla fine. E poi le ore strazianti per la strada, in una sequenza di altre scosse agghiaccianti, una dopo l’altra, prima che si levasse un’alba un po’ livida e nebbiosa, che creava paesaggi allucinati e danteschi, e rivelava il disastro osservando il profilo della città profondamente ferito, cambiato. Continuiamo ad essere esuli. Si allunga lo straziante elenco di chi ha perso la vita, e pensi: in fondo, siamo vivi, ci è andata bene. Per un miracolo, si dice così, siamo vivi.
A casa non si torna, non ci farebbero entrare. Pericoli, rischi troppo alti, e la furia della natura che imperversa impietosa, possente, terrificante.
Oggi il presidente Napolitano ha nuovamente inviato al sindaco Cialente un messaggio, Berlusconi gestisce la situazione, migliaia di persone aiutano, lavorano, inarrestabili. Ma L’Aquila non c’è più. Una prova tanto cruenta e crudele non la meritava. Saprà tornare ad esserci? Tanti non potranno partecipare ad una improbabile, lontana e mesta rinascita che oggi appare francamente inverosimile. E mentre scriviamo, ancora una scossa, lunga, che va vacillare anche la fascia adriatica. (G.Col.)


07 Aprile 2009

Categoria : Cronaca
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