Psicologia : Alzheimer, rischio maggiore per le donne gelose
(a cura di Flavio Colacito – psicopedagogista). Soffrire di gelosia ossessiva può rappresentare un serio pericolo per la propria salute, oltre ad essere un problema nei rapporti interpersonali. A confermarlo scientificamente , uno nuovo studio condotto dall’Università di Goteborg , divulgato sull’accreditata rivista “Neurology”. Dalle ricerche sarebbe emerso che le donne cinquantenni, contraddistinte da un comportamento caratterizzato da atteggiamenti gelosi, incorrerebbero più frequentemente in cambiamenti repentini di umore e ansia, avendo maggiori probabilità di sviluppare il morbo di Alzheimer con il trascorrere del tempo.
Il team di ricercatori svedesi ha sottoposto ad alcuni test psicologici un campione di 800 donne, con un’ età compresa tra trenta e cinquant’anni. Oggetto delle domande sono state le loro nevrosi, ma anche riferimenti da dare in merito a tutti i sensi di colpa o l’irascibilità suscitati da determinati comportamenti o atteggiamenti da parte delle persone incontrate nella vita relazionale, chiari segni di ogni comportamento manifesto in tutti quei casi dove entra in gioco l’ansia, la gelosia il variare del senso d’umore.
Le volontarie hanno fornito informazioni riguardanti il grado di stress provato sul posto di lavoro, ma anche su quello sviluppatosi a seguito di eventuali problemi legati alla salute personale. Terminato lo studio, sulla scorta dei risultati, ben 153 donne sono risultate affette da alcune forme di demenza, mentre i punteggi più alti ottenuti nei test che misuravano la nevrosi avrebbero anche dimostrato la possibilità di sviluppare il morbo di Alzheimer, ciò in concomitanza con i fattori legati alla demenza stessa riscontrata.
La curatrice dello studio, Lena Johansson, ha affermato: “la maggior parte delle ricerche sull’Alzheimer è dedicata a fattori come istruzione, rischi cardiovascolari, traumi cerebrali, storia familiare e genetica. La personalità potrebbe influenzare il rischio di demenza attraverso il suo effetto sul comportamento, lo stile di vita o le reazioni allo stress. È stimato che il numero di persone con demenza crescerà drammaticamente. È dunque importante identificare i fattori di rischio e quelli protettivi”. Clare Walton dell’Alzheimer’s Society ha tenuto a sottolineare: “mentre non possiamo controllare le fonti quotidiane di tensione, possiamo sviluppare delle strategia che aiutino ad affrontarle e stiamo finanziando una ricerca che ci aiuti a esplorare in che modo questo possa aiutare a ridurre i rischi di demenza”. Per la psicologia legata alle neuroscienze, sicuramente un piccolo passo in più per comprendere come lo stile comportamentale nella società e il confronto con l’altro, sia nella vita lavorativa che in quella affettiva, debbano puntare alla qualità della relazionalità, oggi molto difficile e con rischiose ricadute sulla nostra salute.
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