I vulcanelli ce li abbiamo anche in Abruzzo, lo sanno autorità e studiosi?
L’Aquila – (di G.Col.) – DOPO QUANTO E’ ACCADUTO AD AGRIGENTO L’ARGOMENTO MERITA ATTENZIONE – (In evidenza: un disegno del vulcanello di Pineto eseguito da Giacinto Stroppolatini nel 1854 e sotto il vulcanello esploso presso Agrigento) - La lezione viene stavolta – o dovrebbe venire per tutti coloro che sanno percepirla – dalla Sicilia, remota provincia di Agrigento, dove l’eruzione di un vulcanello ha causato due vittime. Un vulcanello sicuramente più grande di quelli che esistono anche in Abruzzo, in provincia di Teramo. E sicuramente più pericoloso, come si è visto. Ma di identica natura di quelli… nostrani.
Molti cadranno dalle nuvole, specialmente negli uffici in cui si dovrebbe pensare alla prevenzione e al monitoraggio del territorio e dell’ambiente. O della stessa Protezione civile regionale.
Cosa sono mai questi vulcanelli? Non ci bastano terremoti, frane, dissesti idrogeologici e alluvioni per preoccuparci abbastanza? No, non ci bastano.
In Abruzzo, e per di più in zone ritenute a basso o nullo rischio sismico-vulcanico, abbiamo i vulcanelli, chiamati anche ceneroni perché appaiono all’esterno grigi come la cenere.
Quello più importante in Abruzzo è situato al bivio tra la ss.16 e la strada per Atri, a un km da Pineto, sotto Mutignano, presso Collemarino, lungo il fiume Calvano. Emette liquido argilloso e idrogeno carbonato, temperatura di 21 gradi, ed emerge tramite coni argillosi, conosciuto dalla meta’ del 1800. Fenomeno mai studiato. Anzi, ai più del tutto ignoto, incluse le autorità naturalmente.
Ne esistono altri presso Cellino Attanasio e Grasciano. Forse dovuti a fenomeni ipogei analoghi o contigui. Certo, la vicinanza qualcosa potrebbe significare. Esistono solo studi di privati e articoli reperibili su Internet, nei quali compare anche una mappa di almeno una quindicina di vulcanelli nella zona tra Pineto e Mutignano.
Nel vulcanello maggiore di Pineto la zona di emergenza si configura come un apparato sub-conico con un diametro alla base di circa 7 m ed un’altezza di circa 1.5 m che risultano variabili nel tempo in funzione all’alternanza di fasi parossistiche di emissione essenzialmente fluido-gassosa alternati a periodi ad emissione ridotta. Le emissioni analizzate rivelano presenza di elio, cloro, sodio, e naturalmente acque, fango e sabbie. In corrispondenza con il vulcanello, il terreno appare rigonfio e sollevato.
Che si sappia, non se ne conoscono altri in Abruzzo.
Quello presso presso Pineto è, peraltro, di modeste dimensioni, un monticello grigiastro che spunta dal piano di campagna: niente che possa impressionare, tant’è vero che non se n’è mai parlato e gli articoli del nostro giornale sul vulcanello – due anni fa – sono stati letti con noncuranza da chi, invece, dovrebbe porsi il problema, prima di tutto per conoscerlo.
La costa adriatica teramana è a bassa sismicità, e qualche leggera scossa sismica si è avuta, di recente, nell’area tra Tortoreto e l’interno: frettolosamente i sindaci e le altre istituzioni hanno fatto finta di nulla, i giornali non hanno scritto una riga. Normale. Di terremoti si parla quando ci sono morti e disastri.
Non si è notato che le scosse avvenivano in un territorio in cui spuntano vulcanelli. Un nesso potrebbe esserci. Nel sottosuolo c’è molto calore, c’è acqua calda che risale e che origina appunto i ceneroni.
In questo caso si parla di vulcanesimo sedimentario, ma pur sempre di vulcanesimo. I ceneroni sono, infatti, piccoli vulcani dai quali escono materiali caldi del sottosuolo, fusi, insieme con acqua calda, vapori, gas spesso venefici. Tutto ciò passa attraverso fenditure e pertugi sotterranei, ma indica anche che l’attività sotterranea è “vicina” alla superficie, e la raggiunge.
Ad Agrigento il suolo (vasto quanto un campo di calcio) si è sollevato ed è esploso. Era un secolo che non accadeva.
In Abruzzo non si ha notizia storica di niente del genere, ma si ricorda che il cenerone di Pineto ha eruttato i suoi materiali e il vapore, tant’è che esiste un piccolo cono vulcanico.
Chi sa se autorità, istituzioni, ambienti scientifici (ci sono delle università in Abruzzo, o no? C’è anche una sede dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia INGV a L’Aquila) riterranno utile, quanto meno, occuparsi dei ceneroni abruzzesi.
Per chi ama le curiosità naturali, esiste una piccola area di sabbie mobili argillose tra Tocco Casauria e Salle. Di natura diversa da quella dei ceneroni?
Vai a sapere. Nessuno se n’è mai occupato. Non è neppure segnalata come pericolosa.
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