Balconi, non resta che impugnare le seghe
L’Aquila – (di G.Col.) – Prima il sindaco Cialente, oggi anche l’assessore Moroni: hanno detto che se servirà segheranno i balconi degli edifici CASE e map, le abitazioni dei terremotati. Che sono migliaia. Ad avere balconi sono tante, dunque molte migliaia di balconi. Ci vorranno seghe con il disco diamantato, supponiamo.
Ma soprattutto ci vorranno molti soldi. Infatti, segare balconi costa, e costa dopo cambiare o adattare con ringhiere di ferro le finestre. Infatti uno mica può, aprendo la finestra, mettere il piede nel vuoto. Allora meglio i balconi a rischio…
Sapete tutti – e sa tutta Italia, che ancora una volta sghignazza – che un balcone è crollato, un secondo sta per crollare, e forse altri pure. Le inferriate sembrano malferme e insicure. Sembra una cantafavola, invece è una storia tutta vera che stiamo vivendo.
C’è anche un’ordinanza: divieto di uscire sui balconi. No, non siamo in un film di Dino Risi. Siamo a L’Aquila nel dopo terremoto, che pare destinato ad essere più sorprendente di quanto chiunque potesse immaginare.
Per ora, il malcapitato Comune decide di eseguire controlli, verifiche, e spulciare carte. Già, perché in questa storia postsismica la verità va cercata (se c’è ancora) nelle carte, quelle che pare oggi siano arrivate dalla Protezione civile. Documenti sulla progettazione, localizzazione e costruzione di centinaia di palazzine balconate e di map, in 19 town spuntate come tristi funghi attorno a L’Aquila devastata dal sisma.
Gli stabili sono sotto responsabilità delle ditte appaltanti per 10 anni, pare: ma a patto che le ditte appaltanti esistano. Qui risulta che siano in gran numero sparite, fallite, vaporizzate. E le assicurazioni? Nessuno può dire se siano mai state contratte, tanto meno se siano valide, qualora esistano. La storia dei balconi svela superficialità, leggerezza, arruffoneria, le malattie di un’emergenza catastrofica e incalzante, durante la quale avvennero almeno due cose: migliaia di appartamenti furono edificati, moltissimi soldi furono spesi. Molta gente trovò un tetto.
Ora le case si sbriciolano, e i balconi sono una bufala. Tutto si traduce in un guaio di quelli smisurati per il Comune. Che, probabilmente, è la parte più debole, il puntaspilli, ma anche la parte che ha meno colpe. Almeno finora. C’è un’inchiesta della Procura che sta marciando, e attendiamo i risultati.
Prima che Cialente e Moroni acquistino da Brico seghe circolari, frullini a disco grande diamantato, seghetti alternativi e forse anche qualche “male e peggio”, l’armamentario per segare i balconi, le domande che riemergono (anche dalle carte della Protezione civile) sono quelle del primo giorno: chi progettò, chi diresse i lavori, chi eseguì i collaudi e firmò attestazioni di agibilità e sicurezza. Chi, chi, chi? Per non dire delle imprese, che, come sappiamo, sono quasi tutte svanite o fallite o chi sa dove a fare cosa e per chi.
Le carte dovrebbero contenere tutte le risposte. Che potrebbero anche lasciare di stucco. Se poi mancassero, queste carte, o fossero sparite, nessuno si sorprenderebbe più di tanto. L’Italia è il paese dei misteri, figuriamoci cosa saranno mai CASE e map. Costate, si dice, 2400 euro al metro quadro, oppure di meno, fa poca differenza. Qualcuno dovrà pur aver beneficiato di tanta onerosità. La città assiste, attonita (ma ormai non più di tanto) a questa ennesima vicenda surreale. Non ha più la forza per meravigliarsi.
Non c'è ancora nessun commento.