Capodogli spiaggiati, perso l’orientamento: morti dove la natura è protetta
Vasto – (Foto: un capodoglio morto, uno che salta dalle acque liguri, lo scheletro di capodoglio che dovrebbe essere al Museo del Mare di Pescara, il capodoglio spiaggiato di fronte alla Torre di Cerrano nel 1984) – TRE SONO MORTI, QUATTRO SONO STATI RIMESSI IN MARE – Hanno perso l’orizzonte azzurro del loro mare, e sono andati a morire – ironia della sorte – a Punta Aderci, dove la natura è sovrana e protetta, un autentico paradiso che per i capodogli è soltanto una tomba liquida. Sono morti infatti tre dei sette capodogli spiaggiati, avvistati questa mattina da surfisti, e quattro sono stati restituiti al mare.
Spiaggiamento perché? Disorientamento, causato da qualcosa: rumori, che i capodogli non sopportano; sonar militari di navi in esercitazione? Ovviamente, si pensa subito alla presenza delle piattaforme petrolifere in Adriatico. Ma i più cauti ricordano che altri spiaggiamenti si sono verificati, e non solo in Abruzzo.
Enigmatico, l’assessore regionale all’ambiente Mazzocca: “Con la loro morte ci vogliono dire qualcosa che non abbiamo ancora capito…”. Suicidio? Ipotesi azzardata. Per il WWF, un “grave segnale di allarme ambientale”.
L’operazione salvataggio, ovviamente, è stata difficilissima: si tratta di esemplari di lunghezze diverse, fino ad oltre 10 metri, pesanti tonnellate. In letteratura scientifica si legge che i capodogli possono arrivare a 15-18 metri di lunghezza. Le loro teste enormi hanno mandibole che possono superare i 5 metri. Sono abitanti del mare, più spesso oceanici, davvero molto simili a balene e come loro hanno il caratteristico soffio di acqua vaporizzata dal dorso.
La Guardia Costiera ha attivato la logistica dei soccorsi, molto delicati vista la mole e la natura dei cetacei che soffrono i rumori esterni. In passato, vi furono altri casi e i cetacei morirono. Lo scheletro di un capodoglio dovrebbe essere visitabile nel museo del mare a Pescara. Un altro esemplare si spiaggiò di fronte alla Torre di Cerrano.
La presenza di questi animali (i più grandi del mondo muniti di denti) in Adriatico non è quindi rarissima, benché i capodogli preferiscano le acque profonde. Possono però anche scegliere di galleggiare non lontano dalle cose.
La cronaca della mattinata. “Abbiamo allertato il Centro Emergenza Cetacei di Padova, ci sono i nostri sommozzatori di San Benedetto del Tronto e sul posto abbiamo gia’ creato un cordone di sicurezza per tenere al sicuro da rumori e agenti esterni i capodogli”, spiega all’Agi il comandante della Guardia Costiera di Vasto. Giuliano D’Urso. “Abbiamo provato con delle manovre specifiche a riportare a largo i 5 superstiti. E’ un operazione delicatissima, ma faremo tutto il possibile per salvarli”.
Il Ministro dell’ambiente, Gian Luca Galletti, e’ stato informato questa mattina dello spiaggiamento dei sette capodogli a Punta Penna, presso Vasto, ed e’ in costante contatto con il reparto marino ambientale della Guardia Costiera che sta coordinando le operazioni per cercare di salvare i cetacei. E’ quanto rende noto il dicastero, comunicando che sul posto sono operative le unita’ della guardia costiera di Pescara e Ortona, il nucleo subacqueo della guardia costiera di San Benedetto del Tronto e i volontari protezione civile. Si è recata sul posto anche l’unita’ speciale dell’Universita’ di Padova diretta dal professor Mazzariol, che opera in convenzione con il Ministero dell’Ambiente proprio per i casi di spiaggiamento dei cetacei. Sono state inoltre allertate la “Banca tessuti per mammiferi”, diretta dal professor Cozzi dell’Universita’ di Padova, la direzione generale per la sanita’ animale del Ministero della Salute e gli “Istituti zooprofilattici sperimentali” coordinati dalla dottoressa Casalone. In mattinata, quattro animali avevano ancora parametri buoni vitali e mobilita’.
Ora sorge il problema, davvero molto difficile per le autorità e il personale, di togliere le tonnellate di resti dei tre capodogli morti. Non è uno smaltimento ordinario né si sa, al momento, dove andranno a finire i residui o se potranno essere recuperati gli scheletri per destinarli a musei ed esposizioni. Ma visto la fine che fanno i musei, e come vengono gestiti, forse sarà meglio che tutto torni al ciclo naturale.
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