Dursi, stop sciopero fame, ma a Matteo Renzi sulla scuola vuole cantarle chiare
Pescara – Il prof. Giovanni Dursi, docente di filosofia, scrive: “Il 6 Agosto 2014 – informato su quanto il Governo sta decidendo in termini di “riforma” della P. A. (Madia) e dela scuola pubblica (Giannini) ho inviato, alla c. a. Capo Ufficio Stampa M.I.U.R., Dott.ssa Alessandra MIGLIOZZI la seguente e-mail:
SCIOPERO DELLA FAME – “Inizio un “silenzioso” sciopero della fame e lo condurrò ad oltranza. Perché ? La recessione tecnica incombe sull’intero Paese, la povertà estrema è già il vissuto quotidiano, tra gli altri, per insegnanti e per i knowledge working. Il provvedimento strutturale sulla scuola che si annuncia non contempla affatto, in modo obiettivo, la condizione professionale dei docenti, assunti a tempo indeterminato o “precari” cosiddetti. Insoddisfazione, disagio, sofferenza, sono termini che non indicano più tale condizione. Ad essi vanno aggiunti: “perdita di dignità”, depauperamento delle competenze.
RETRIBUZIONI INSUFFICIENTI – La retribuzione è insufficiente e non corrispondente al qualificato percorso formativo ed alla delicata funzione tecnico-sociale svolta. L’inadeguatezza ministeriale è un fatto acclarato da decenni vista la distruzione della scuola pubblica che sistematicamente – nell’ambito dello smantellamento del Welfare – le diverse responsabilità politiche avvicendate sulle poltrone ministeriali hanno uniformemente condotto. Il silenzio sugli scatti d’anzianità, ad esempio, complici tutti i sindacati incapaci di superare l’indecente stagione della “concertazione”, dimostra la truce indifferenza alla condizione esistenziale e professionale degli insegnanti che lavorano nella scuola pubblica. Cancellando il dettato costituzionale, inoltre, i docenti hanno subito anche la spoliazione di risorse, decretata da Governi e Regioni, indotta dal finanziamento diretto ed indiretto alle scuole private, prevalentemente cattoliche.
SOLDI RUBATI DAI GOVERNI – Per il ripristino immediato degli scatti, – per lo sblocco del contratto (fermo al salario del 2008) – prioritaria inevitabile azione di ridistribuzione reale e socialmente equa -, – per la restituzione immediata degli introiti maturati per la vacanza contrattuale attualmente rubati dai Governi, – per un livellamento retributivo europeo degli stipendi degli insegnanti di ogni ordine, grado ed inquadramento giuridico (la retribuzione degli insegnanti, in altri Paesi europei, è oltre che doppia: Danimarca 70.097, Austria 57.779, Finlandia 49.200, Belgio 48.955, Germania 45.000-64.000, Regno Unito 44.937, Svezia 35.948, Spagna 33.000-46.000), – per una progressione di carriera e conseguimento di massimi stipendiali adeguati a personale laureato (spesso perfezionato e specializzato) e professionalmente abilitato, – il sottoscritto docente M.I.U.R. di Filosofia e Scienze umane, Giovanni Dursi, inizia da domani 7 Agosto 2014 uno sciopero della fame ad oltranza, fino al raggiungimento degli obiettivi elencati a salvaguardia dello status umano e professionale di tutti i colleghi insegnanti che versano ormai nell’indigenza, superando una passività mortificante che attanaglia le risorse umane nell’ambito della P.A..
Resta nell’attesa di poter meglio argomentare le proprie ragioni di professionista (che riguardano anche fondamentali aspetti organizzativo-didattici e strategico-culturali dell’istruzione, formazione ed educazione del Paese), al cospetto del Presidente del Consiglio, del Ministro dell’istruzione, università e ricerca e del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, ai quali può e moralmente deve “insegnare” come fare senza uccidere. In scienza e coscienza, Giovanni Dursi»
QUANDO ARRIVA RENZI – PS: Giunto all’ottavo giorno (ad oggi, nell’indifferenza istituzionale generale; solo su Il Tempo Abruzzo del 10 Agosto 2014 c’è stato un cortese resoconto), per motivi di salute, desisto. Ai primi di Settembre, in coincidenza con la presenza del Presidente del Consiglio dei Ministri, Matteo Renzi, a Pescara (come annunciato), riprenderò lo sciopero della fame e della sete e mi incatenerò ai cancelli d’ingresso della mia scuola, il Liceo statale G. Marconi di Pescara.
In questo modo, penso si tornerà a parlare di scuola, auspico correttamente . . . Da qualche mese, dall’esordio del nuovo Governo, pare che i riflettori, con molti fari rotti, si siano riaccesi. La criri economica e sociale morde e sembra che i vertici delle istituzioni politiche si siano voltati dalla parte di alcuni segmenti di Welfare, tra i quali l’istruzione pubblica. Mentre ci si interrroga ancora sulle cause vere della crisi, qualcuno spiega che, fra le alternative di eventuale fuoriuscita, una strada è il rilancio della ricerca dell’istruzione che ne è alla base, perché, sia pure in tempi non immediati, la ricerca crea innovazione e l’innovazione crea ricchezza, come dimostrano le tecnologie che hanno trainato la crescita economica mondiale negli ultimi decenni: dal Web, ai nanomateriali, alla organizzazione telematica dei servizi alla persona ed alla comunità.
CAOS TOTALE – Una lettura economicista della formazione culturale vede come necessario il rilancio della scuola pubblica, vista ancora come un “costo” da rendere compatibile con le esigenze del mercato (cosa non si fa per le imprese …), ma nessuno vuole prendere coscienza di tempi ultraimmediati d’intervento per farla sopravvivere al caos ordinamentale, organizzativo e didattico nel quale versa. Non ci sono le condizioni politico-sociali, economiche, finanziarie e non da ultimo non c’è la competenza indispensabile per trovare il modo corretto di impostare la problematica. Gli anni’60 aveva una generazione di adulti e di giovani ventenni i quali aveva vissuto gli anni e gli orrori della guerra, che avevano sofferto e che tutto ciò che ora potevano intravedere se l’erano conquistato: si erano conquistati la pace, la democrazia, la tolleranza tra le subculture politiche.
SOLO PRODUZIONE E CONSUMO? – Erano persone che, toccato il fondo in senso sociale, economico e finanziario, si erano rialzate e a testa alta, rimboccandosi le maniche, erano riuscite ad avviarsi verso un futuro migliore del passato. Anche facendo ricerca, anche investendo nella ricerca. I gruppi sociali invece oggi versano in condizioni di malessere tale che si predispongono a rinunciare anche al diritto alla conoscenza, rimpiangendo solo un benessere materiale che senza crescita culturale diviene alienazione. Si crede che la situazione stagnante e deprimente sia solo un brutto incubo, che una bella mattina ci si potrà risvegliare da questo sogno angoscioso. Si continua imperterriti a pensare solo come riprendere la produzione ed il consumo.
I SOMARI D’EUROPA – Cercare alternative nuove, cercare nuove idee, essere creativi, vuol dire reimpostare l’agenda; serve caparbietà politica: prima i diritti, poi (se necessario conservare l’orizzonte dato dal capitalismo contemporaneo …) i profitti. Domandiamoci: qual è lo Stato europeo che sta affrontando – con evidenti recenti segni di cedimento – la crisi economica meglio degli altri? La Germania è senza dubbio fra questi perchè esiste un nesso fra la forza di una nazione e il suo sistema di formazione. Gli italiani sono stati definiti da “indagini” ed “inchieste” i “somari” d’Europa, riferendosi anche ai Docenti. In realtà, una nazione che funziona bene ha una popolazione che è stata formata bene, che sa come affrontare i momenti difficili, proprio perché è stata abituata a ragionare e trovare una soluzione.
NON SOLO EDIFICI – Renzi per ora ha prospettato interventi sull’edilizia scolastica. L’istruzione e la formazione (“un sistema di incoerenze”, secondo il Prof. Piero Romei) non possono essere viste come un edificio che va ristrutturato e messo in sicurezza; il Governo non può affamare gli insegnanti a livelli retributivi precrisi (“i proletari del XXI secolo”, secondo il Sociologo De Masi), propprio in un’economia di mercato alla quale in modo miope si guarda.
Ricordiamo che in Germania la maggioranza degli studenti che non seguono il percorso ginnasiale alla fine dell’obbligo scolastico, che dura fino a 16 anni, diventano apprendisti (Auszubildende): in complesso, circa il 60% consegue in questo modo una qualifica professionale. I corsi si concludono con il conseguimento di una qualifica occupazionale, diversamente denominata a seconda del settore e della durata dell’apprendistato.
Gli esami sono sostenuti presso le camere di commercio locali, e i commissari sono nominati dalle camere stesse e dalle organizzazioni sindacali. Partecipano anche gli insegnanti delle scuole. Il tasso di disoccupazione giovanile tedesco è tra i più bassi in Europa proprio per via di questo nesso istituzionale tra scuola e lavoro.
STUDENTI SCORAGGIATI – L’ultimo fattore che andrebbe sottolineato e certo più di altri tenuto nella dovuta considerazione è lo stato motivazionale degli studenti. Scoraggiati su tutti i fronti, da tutti (dalle famiglie, dalla scuola, dai governi, dai media, ecc.), come fanno i ragazzi e le ragazze a trovare la volontà e la caparbietà di affrontare le difficoltà che gli studi richiedono? In un mondo tutto italiano che non è meritocratico, e non premia quasi mai la competenza delle persone, spiegare ad un allievo che studiare gli aprirà delle strade occupazionali e sociali può sembra aberrante. Rispetto a tutto ciò che vede e vive, lo studente lo sentirà quasi privo di fondamento e di logica.
Mi domando se però dietro a questo tentativo ben riuscito di scoraggiare i giovani e l’entusiasmo dei giovani non si nasconda una idea di democrazia particolare: chi più degli altri dovrebbe essere forte ed impavido viene tenuto sotto controllo per non ribaltare lo status quo, per farlo rimanere in quel limbo di sudditanza emotiva e psicologica che snerva e fiacca sempre di più. Si tratta di paradosso terminologico oltre ad essere un dramma sociale: abbiamo a che fare con la “democrazia concessiva”.
Viceversa, penso che i giovani devono essere sostenuti sempre, incoraggiati il più possibile, anche con l’esempio di insegnanti coraggiosamente fuori dal coro, per motivarli a migliorarsi, e perciò a studiare, anche quando diventa difficile e tutti intorno sostengono che l’orizzonte è già disegnato”.
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