Uno Stato che ha smarrito la logica e brancola tra forbici, tagli, furori rispamiatori


L’Aquila – Cosa ne faremo negli anni a venire del gigantesco palazzo di giustizia aquilano, della nuova corte d’appello a Pile, dell’immenso patrimonio giudiziario in ricostruzione per decine di milioni? Domanda non retorica, e capirete perché…
Mai come oggi lo Stato italiano, dominato ormai dalla fissa dello spending review, sembra farfugliare, contraddirsi, agire a compartimenti stagni che non colloquiano. La classica mano destra che non sa cosa faccia la sinistra. Tagliare, risparmiare, amputare, ridurre: regole di ferro solo all’apparenza. In realtà sono paratìe niente affatto stagne, penetrabili e quasi sempre inventate per ingannare.
Lo Stato italiano continua ad ignorare la sola strada che esiste per risparmiare: informatizzare se stesso. Chiudere uffici polverosi, addestrare il personale a usare la telematica, indurre i cittadini ad accettarla, accorciare tempi, eliminare le spedizioni via posta, le montagne di scartoffie e gli scaffali allucinanti, dietro i quali si cela e si tiene in vita una burocrazia mostruosa che nessuno riesce non a sconfiggere – anche la burocrazia in parte può servire, se funziona come in Francia – ma che va ridotta e modernizzata.
Piero Angela in tv ha facilmente dimostrato in pochi minuti che telematizzare lo Stato porterebbe a risparmiare almeno 150 miliardi. Non milioni di euro: miliardi.
Le nostre riflessioni, che appartengono a molti altri, traggono spunto dall’ultimo pasticcio all’italiana che Roma pare stia mettendo in piedi. La riduzione delle corti d’appello da 26 a 20 o 21. Appare grottesco, leggendo delle intenzioni del Governo, il litigio sul TAR doppio in Abruzzo, e appare risibile l’aspirazione ad una sede della corte d’appello a Pescara, di cui si accinge a parlare seriamente il consiglio comunale adriatico a settembre.
L’obiettivo, infatti, è togliere la corte d’appello (un domani, perché no, anche la corte dei conti…), e agglomerare l’Abruzzo – udite, udite – con Roma. Vi immaginate cosa significherebbe per gli abruzzesi avere a che fare con Roma e con i suoi uffici giudiziari?
Ma, mentre un ministro tagliatore pensa a cose del genere, vanno avanti lavori imponenti per il palazzo di giustizia aquilano, mentre si impone torreggiante la nuova sede della corte a Pile, in una struttura ancora non utilizzata, visto che i processi si svolgono – finora – nella vicina palazzina ex stazione ferroviaria. Alla gente che ancora aspetta la propria casa tutto ciò appare privo di senso, o folle. E forse lo è, perché lo Stato non sa cosa ha già pagato, mentre pensa di risparmiare non modernizzando e rendendo servizi e apparati più veloci, snelli, efficienti, bensì sforbiciando all’impazzata.
Roma cerchi di riappropriarsi del senno, che pare vada perdendo.


16 Agosto 2014

Categoria : Cronaca
del.icio.us    Facebook    Google Bookmark    Linkedin    Segnalo    Sphinn    Technorati    Wikio    Twitter    MySpace    Live    Stampa Articolo    Invia Articolo   




Non c'è ancora nessun commento.

Lascia un commento

Utente

Articoli Correlati

    Nessun articolo correlato.