Anziani e sonno: dormire bene allontana la depressione
(a cura di Flavio Colacito – psicopedagogista). Il sonno si basa essenzialmente su due fasi, quella REM e quella non-REM, suddivisa a sua volta in quattro stadi diversi. Normalmente si passa dal sonno REM ai quattro stadi non-REM, ed ogni stadio ha delle precise funzioni. Affinché tutte le fasi possano compiersi, e quindi sia il fisico che la mente possano rigenerarsi, occorre un certo lasso di tempo che va in media dalle 7 alle 8 ore. L’insorgenza dell’insonnia ha cause diverse e un sonno insufficiente può portare a molti gravi problemi di salute negli adulti più anziani, tra cui un aumento del rischio di malattie cardiovascolari, diabete, problemi di peso e il cancro al seno nelle donne: dormire bene è fondamentale per la salute fisica e il benessere emotivo. Quando si parla dei disturbi del sonno tra gli anziani bisogna sempre tenere conto che sono maggiormente presenti patologie respiratorie (Apnee notturne), cardiovascolari (ipertensione, angina), gastroenteriche, neurologiche (M. di parkinson, M. di Alzheimer), urinarie (incontinenza, ipertrofia della prostata), endocrine e reumatologiche (artrite) che hanno un ruolo nella genesi dell’insonnia secondaria. Anche i farmaci possono alterare il ritmo sonno-veglia. Gli aspetti depressivi concorrono a complicare i rischi per la salute: il 10% della popolazione anziana soffre di depressione grave, percentuale che raggiunge il 40% se consideriamo le forme lievi. Tale condizione porta gradualmente a sviluppare con il tempo caratteristiche comportamentali quali irritabilità, ostilità, sospettosità, comprendendo tra esse lamentele eccessive circa la perdita di memoria o la presenza di dolori vaghi e diffusi. L’anziano presenta spesso delle modificazioni dei livelli di ormoni ed altre molecole nel sangue, accompagnate da alterazioni dei ritmi circadiani tipiche dell’età, quali possono essere le modificazioni “fisiologiche” dei ritmi della pressione arteriosa, della temperatura corporea, della secrezione di ormoni. Fondamentale è la capacità del sistema nervoso centrale nel coordinare questi ritmi. Il risveglio mattutino è precoce; il risveglio notturno, abituale; il sonno REM è ridotto con tendenza al sonnellino durante il giorno. Si ritiene che le modificazioni anatomico-funzionali delle strutture nervose che regolano le attività ritmiche abbiano un ruolo significativo nel determinare i disturbi del sonno. Le persone oltre i 65 anni che riferiscono di avere problemi a prendere sonno, stando ad un nuovo studio scientifico americano, incorrerebbero più facilmente verso i tentativi di suicidio nel corso dei successivi dieci anni rispetto a coloro che non avrebbero disturbi associati al sonno. Gli esperti sarebbero dell’avviso che i medici che hanno in cura pazienti affetti da depressione o con una storia di suicidi non riusciti, dovrebbero considerare i problemi del sonno come un ulteriore segnale d’allarme non trascurabile.
Non c'è ancora nessun commento.