Politica, storia e… incultura invincibili: con d’Annunzio come fu con Ovidio
L’Aquila – (di G.Col.) – La decisione del comune di Pescara di togliere d’Annunzio dal proprio logo promozionale, peraltro adottata senza riflettere proprio in coincidenza con la data del volo su Vienna (agosto 1918), non sorprende, caso mai amareggia. Si sperava che certe storture a metà strada tra politica, storia (ignorata) e incultura appartenessero al passato. Si sperava, ma era illusione.
Prima di tutto un comune grande e importante come Pescara dovrebbe poter contare su consiglieri culturali, staff di supporto, ufficio stampa, in grado di consigliare o sconsigliare il sindaco su certi temi delicati. Anni orsono il comune dell’Aquila dimenticò la data del sacrificio dei Nove Martiri, così come anni prima, c’era chi voleva far sparire la camera di Mussolini a Campo Imperatore. Scemenze della politica, che spesso è distratta, oltre che non proprio dedita alla cultura. Neppure alla propria cultura locale.
Lo ricordiamo solo per ribadire che un sindaco ha bisogno di collaboratori validi e preparati, non solo di portaborse battezzati dalla politica (se ce ne siano non sappiamo, ma conosciamo la politica…). Fermo restando che l’idea di sbianchettare d’Annunzio dal logo della città è isterica. Un logo, se imbarazza, può essere modificato, attenuato, meno esibito, non serve sbianchettare. Ricorda i roghi dei libri cari a certi periodi politici.
D’Annunzio non piace, oggi che impera la sinistra (non sempre adeguatamente acculturata e psicologicamente agile) ancora meno. Si dimentica che è un grande poeta, anche quando svolazza su Vienna. Oggi c’è chi fa di molto peggio, con assai meno coraggio personale e idee molto, ma molto discutibili. Le sparate di d’Annunzio appartenevano ad un altro tempo. Quelle di oggi sono costume desolante e davvero oltraggioso per gli italiani. Compresi i cartelli sgrammaticati esibiti in Senato… Ma lasciamo andare.
Dispiace, piuttosto, che l’iconoclastia sopravviva nel 2014. Speravamo flebilmente che fosse sparita. In passato, ricordiamo fugacemente, un altro grande abruzzese, Ovidio, subì sbianchettature e rimozioni nei programmi scolastici perchè era il poeta dell’amore. Soavemente esplicito. Paganamente carnale.
Nei programmi liceali degli anni Sessanta dell’ “Ars amandi”, come delle poesie della lesbica Saffo, manco a parlarle.
Ipocritamernte, professoroni e burocrati ministeriali sapevano che ogni studente, proprio perchè vittima di censura, di Ovidio andava a leggersi proprio l’Ars amandi.
Insieme con questi abissi di becero moralismo fortemente sostenuto dal Vaticano, la scuola e la cultura subivano – è chiaro – grevi amputazioni: indovinate? Ma sì, proprio d’Annunzio e il poeta americano Erza Pound in seguito erano off limitis. Vade retro, Vate. Ma per motivi ancora peggiori di quelli inalberati per Ovidio, che era soltanto ardito e piccante: d’Annunzio era al bando o quasi per motivi politici.
L’Italia, nel 2014, è cambiata? Mica tanto. Pescara si scrolla di dosso il suo poeta. Cosa le resta, la movida sgallettata delle notti grossolane? A quando una bella cancellazione anche per Flaiano perchè troppo ironico e graffiante? Di questo passo…
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