Oggi, nel 1956, la tragedia a Marcinelle
L’Aquila – ( di G.Col.) – L’ABRUZZO DELL’EMIGRAZIONE PAGO’ UN CONTO TERRIBILE – Il mese di agosto è storicamente tragico. Basta ricordare l’eruzione del Vesuvio e Pompei, l’impiego della bomba atomica americana sul Giappone, e la tragedia di Marcinelle in Belgio. Un avvenimento che colpisce e coinvolge direttamente l’Abruzzo, perché molte vittime erano poveri cristi partiti dalla nostra regione in cerca di sopravvivenza. Il disastro avvenne la mattina dell’8 agosto 1956 nella miniera di carbone Bois du Cazier di Marcinelle, in Belgio. Otto agosto, come oggi.
Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, in occasione del 58mo anniversario della tragedia di Marcinelle, ha inviato un messaggio: “Desidero esprimere, nella triste ricorrenza della terribile sciagura di Marcinelle, sentimenti di commossa e sincera partecipazione a quanti con la loro presenza oggi testimoniano imperituro affetto verso i numerosi minatori, italiani e non, che persero la vita al Bois du Cazier 58 anni fa.
Il tempo trascorso non attenua il ricordo di una tragedia simbolo del sacrificio del lavoro italiano nel mondo. Essa costituisce tuttora motivo di riflessione sui pressanti temi dell’integrazione degli immigrati e della sicurezza sul luogo del lavoro, nonche’ forte sprone a perseguire questi obiettivi con il massimo impegno delle istituzioni italiane ed europee e di tutte le forze sociali”.
L’INCENDIO E L’ECATOMBE – Stando alle ricostruzioni ormai ufficiali e accettate, divampò un incendio, causato dalla combustione di olio ad alta pressione a causa di una scintilla elettrica, che, sviluppatosi vicino al condotto dell’aria principale, riempì di fumo tutto il pozzo minerario, provocando la morte di 262 delle 275 persone ivi presenti, in gran parte emigranti italiani.
Le vittime furono, dunque, soffocate dal fumo. Una tragedia immane, tra le maggiori della storia mineraria nel mondo. Almeno fino a quel 1956. Altre ce ne sono state, negli anni successivi, soprattutto in Oriente e in Sud America.
Il sito Bois du Cazier, oramai dismesso, fa parte dei patrimoni storici dell’UNESCO.
L’industria belga fu scarsamente intaccata – spiega Wikipedia – dagli effetti distruttivi della seconda guerra mondiale; il Belgio si ritrovò con poca manodopera disponibile. Ciò fece aumentare la richiesta di manodopera soprattutto per il lavoro in miniera. Il peggior tipo di lavoro per gli emigrati, quasi tutti di origine contadina.
Le esigenze economiche furono, come sempre, la vera origine di quanto avvenne. Il 20 giugno 1946 fu firmato il Protocollo italo-belga che prevedeva l’invio di 50.000 lavoratori in cambio di carbone. Nacquero così ampi flussi migratori verso il paese, uno dei quali, forse il più importante, fu quello degli italiani verso le miniere belghe. Nel 1956 fra i 142 000 minatori impiegati, 63 000 erano stranieri e fra questi 44 000 erano italiani[2].
Il pozzo numero I della miniera di Marcinelle – si legge sempre in Wikipedia – era in funzione sin dal 1830. Non è corretto affermare che esso fosse privo delle più elementari norme di sicurezza ma, sicuramente, la sua manutenzione era ridotta al minimo necessario. Tra le altre funzioni, questo pozzo serviva da canale d’entrata per l’aria. Il pozzo numero II invece operava come canale d’uscita per l’aria. Il pozzo numero III, in costruzione, aveva delle gallerie connesse con i primi due, ma esse erano state chiuse.
Gli ascensori, due per pozzo, erano azionati da potenti motori posti all’esterno. In alto su grandi tralicci metallici erano poste due “molette”, enormi ruote che sostenevano e guidavano i cavi degli ascensori. La maggior parte delle strutture all’interno del pozzo erano in legno. Il motivo era principalmente il peso della tradizione ma anche il fatto che, ad una tale profondità , il cavo dell’ascensore potesse oscillare in modo tale da giungere a strisciare sulle traverse. Quindi, per evitare l’usura prematura del cavo, si dava la preferenza a delle strutture in legno. L’aerazione era assicurata da grandi ventilatori posti all’esterno che aspiravano l’aria viziata tramite il pozzo numero II.
La tragedia di Marcinelle scosse il mondo intero. L’Italia era in faticosa ripresa, dopo i disastri della guerra. Il boom economico della fine degli anni 50 e dei primi anni 60 era ben lontano. L’Abruzzo perdeva abitanti come un colabrodo: decine di migliaia partivano per tutto il mondo, soprattutto gli USA, ma anche diversi paesi europei. Decine di paesi si ridussero a villaggi quasi deserti, con pochi vecchi e nessun bambino. La parte interna della regione pagò lo scotto più pesante, specie nell’Aquilano e nel Chietino.
Oggi la crisi e la recessione stanno colpendo nuovamente, l’agricoltura è alle corde, l’industria si sbriciola, il turismo arretra soprattutto per colpe politiche imperdonabili. Non ci sarà un nuovo 1956. Oggi si muore ugualmente, ma da suicidi, per l’impoverimento, per i fallimenti, per tasse insostenibili, o depressione e ansia. Ma forse l’8 agosto va ricordato con maggiore partecipazione e minore superficialità da parte della politica.
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