Ju Boss e Ninetto, scintille di rinascita
L’Aquila – (G.Col.) – Domani sarà una data a suo modo storica, almeno per chi ha la percezione esatta della tragedia in cui annaspa L’Aquila. Torneranno aperte le porte di due posti cari a tutti, perchè “sono” pezzi della città di una volta, di sempre: sono quelle della cantina “snob” Ju Boss in via Castello e del bar Nurzia, per capirci meglio di Ninetto e della sua famiglia. L’ultimo aquilano, Ninetto, che parla l’aquilano sempre e con tutti: chi lo capisce, lo capisce, e chi no si arrangia. Impara l’aquilano, caso mai sbocconcellando un pezzo del mitico torrone tenero al cioccolato. In città ci saranno mercantini e l’albero di Natale speciale voluto da Giusi Pitari in piazza Regina Margherita, ma anche altri addobbi in giro. Come se fosse un Natale senza quell’orribile numero: 2009. Il ritorno di Ninetto e de Ju Boss è un bel ritorno, come lo fu a suo temp quello del bar chalet alla Villa comunale. Auguri a chi apre domani e a chi aprirà dopo. Coraggio, vero coraggio ci vuole a far finta che sia tutto più o meno come prima. C’è solo la storia che conforta con le sue pagine (che tutti dovrebbero leggere): la città fu distrutta altre volte, almeno due che si sappia, nel XV secolo e nel 1703. Fino al 6 aprile c’era, il che vuol dire che risorse. E che, presumibilmente, risogerà anche stavolta. Fa niente che chi non è giovane forse non la rivedrà : porterà via con sè i ricordi, che per ognuno sono il vero patrimonio personale, incancellabile e impignorabile. C’è chi pensando queste cose si sforza di rimandare in gola il groppo del pianto, ma le lacrime ad un certo punto non le ferma nessuno. Ci è toccata una prova terribile, la stiamo sopportando con dolore, forza, rabbia, sfiducia e speranza. C’è chi, e sono 307, dorme sulla collina, come in un’antologia di Spoon River scritta però con l’inchiostro rosso del sangue. C’è chi torna e chi va via, chi non vuole vedere, e chi si strugge se in tv compaiono le tremende rovine della città che solo oggi tanti scoprono come luogo d’arte e di bellezza riposta e ritrosa. C’è chi innalza baracche, container, gru e costruisce, chi nei palazzi prepara battaglie perchè un Governo troppo enfatico e patinato mantenga le parole date. Tutte, non solo quelle delle parate politiche. Ci sono i cittadini, non ci sono più quelli che se ne sono già andati via. C’è il silenzio di notti lugubri nel vuoto buio del centro abbandonato, che abbiamo percorso nottetempo abusivamente a piedi. Sensazioni che non conoscevamo e non sapevamo di poter provare. No, non è come Pompei, come diceva qualcuno. E’ peggio, è desolazione assoluta sulla quale aleggia il mistero del tempo, della caducità e dei ricordi che riproducono il passato. Paura che sia sempre così e anche peggio. Le erbacce spuntano nelle strade, tra le pietre e negli androni bui abbandonati da persone atterrite dalla paura. Pensiamo a qualche amico morto prima del 6 aprile: forse, supponiamo, non avrebbe sopportato questo strazio. O forse saremmo qui a parlarne, infiltrati clandestini insieme nelle tenebre.
Coraggio L’Aquila, rinasci anche con Ju Boss e Nurzia. Due scintille di tempi dell’altra vita. Ma scintille. No, questa prova non doveva abbattersi su di noi. Ma ora non ce la leva nessuno.
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