Aids: dati preoccupanti, scarsa prevenzione
(a cura di Flavio Colacito – psicopedagogista). È terminata a Melbourne la conferenza internazionale sull’Aids e uno dei risultati più lampanti non lascia spazio a false interpretazioni: il futuro della lotta all’Aids deve tenere conto del dato riferito a quel 50% di persone infettate dal virus che non sanno di averlo . L’AIDS (sindrome da immunodeficienza acquisita) è una malattia provocata dall’HIV, un virus che aggredisce il sistema immunitario umano. Nelle persone affette da AIDS il sistema immunitario non è più in grado di difendere l’organismo dalle malattie, e il processo degenerativo prosegue fino alla morte del paziente a causa delle infezioni cosiddette “opportunistiche”. Non esiste una cura o un vaccino per eliminare definitivamente l’HIV dal corpo. Come ha precisato Stefano Vella, ricercatore dell’Istituto Superiore di Sanità , “l’obiettivo dichiarato e’ mettere sotto controllo l’epidemia entro il 2030″. Vella, uno degli estensori delle linee guida Organizzazione Mondiale della Sanità sulla malattia, ha però sottolineato che “per riuscirci, bisogna tirare fuori il sommerso, quei milioni di persone che non sanno di avere il virus, e trattare tutti. E’ un enorme problema di costi, di carenza di strutture, ma proprio i risultati ottenuti finora dall’alleanza di scienza, politica e società civile che combatte l’Aids, unica nel panorama mondiale, fanno ben sperare”. Durante i lavori della conferenza un altro dato ha messo in luce che vi sono 35 milioni di sieropositivi, di cui un numero prossimo alla metà (compresi 3,3 milioni di bambini) inconsapevoli. Con il passare degli anni le nuove infezioni sono arrivate a 2,3 milioni di casi all’anno. Nel periodo 2006-2012, i Centri clinici regionali ed extraregionali relativi ai residenti nella Provincia di Chieti hanno segnalato 93 casi di infezione da virus Hiv. Di questi, il 15% sono cittadini stranieri e il 22% sono donne. L’età mediana dei casi alla prima positività è di 38 anni, più bassa nelle donne (34 anni) rispetto agli uomini (39 anni), e nei cittadini stranieri (36 anni) rispetto agli italiani (39 anni). Per quanto riguarda i fattori di rischio, in oltre 8 casi su 10 si riscontrano comportamenti sessuali a rischio e in circa 1 paziente su 5 sono presenti anche altre infezioni (Hbv, Hcv, Hpv e sifilide). Notevole, per tutte le sue conseguenze clinico-assistenziali, è il problema del ritardo diagnostico dato che 4 casi su 10 al momento della diagnosi hanno livelli di linfociti cd4 inferiori a 350 per μl. Il quadro della situazione impone un impegno non indifferente, come rileva Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, che sposta il fulcro della lotta a tale patologia in direzione di un modello di ricerca basato su una maggiore informazione e consapevolezza, mentre ancora si è lontani da una cura definitiva, anche se sono tanti e gli sforzi della comunità scientifica internazionale che da molto tempo si sta impegnando per trovarne una efficace.
Non c'è ancora nessun commento.