La insostenibile solitudine da sisma
(Immagine: Solitudine di Munch) – Dal 2009 ad oggi, basta guardare in faccia le persone semplicemente camminando nei pochi luoghi di aggregazione esistenti a L’Aquila, tanta gente non c’è più: non solo i 309 morti nei crolli, non solo i tanti che se ne sono andati altrove, o quelli che si sono spenti in cinque anni. L’invincibile solitudine da sisma continua a colpire. C’è anche chi non regge più e si dà fuoco, perchè la sua vita è cambiata, stravolta, irrecuperabile. C’è chi non si rassegna, chi non ha la forza per rialzarsi, per tentare una clonazione della normalità dell’altra vita.
E’ vero, si può dire con scientifica veridicità , che sono aumentate le malattie mentali, il bisogno di cura e terapia psicologica. Ma, se non bastassero i dati (che la sanità dovrebbe divulgare, invece di nasconderli come una piaga vergognosa), c’è la cronaca con la sua crudezza: la crudezza spietata della verità che è inutile edulcorare o smussare. Ti sbatte in faccia come uno tsunami. Il male oscuro, il cane nero di letteraria memoria, si cura, si attenua. Se ne esce, dicono. Ma contro l’invincibile solitudine del sisma in una realtà sradicata e frantumata sembra ad alcuni non ci sia nulla da fare. Chi ne soffre tenga duro, stringa i denti, compia sforzi. Non bisogna arrendersi. Anche la fossa delle Marianne, pur profonda 11.000 metri, ha un fondo.
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