Il volo abortito dell’Aquila
(Foto: il buco nell’acqua) – La frase abbastanza stomachevole, se ripetuta fino alla noia, era: “L’Aquila tornerà a volare”. L’Aquila con la a maiuscola era la città , non l’uccello con la a minuscola. Se n’è fatto uso e abuso per almeno quattro anni. Poi si sono accorti che l’aquila è solo un uccello rapace (ormai molto raro), e non la città , che proprio non vola. Né graffia, avendo artigli spuntati. E conserva anche poca voglia di esserci, di sperare, di confidare in qualcuno o qualcosa.
L’Aquila non è tornata a volare, e neppure ha cominciato a farlo. I collegamenti con Milano e con Olbia sono stati azzerati, restano un conato di decollo – simbolico e reale – diventato solo un aborto. Il sogno (ma di chi?) di un aeroporto è svanito. La gente, per andarsene in Costa Smeralda (o vicinanze più modeste, benché sempre sarde), ha scelto altri mezzi. Navali, con auto a seguito. O altre compagnie. Oppure, più probabile, invece di Olbia ha scelto Roseto o Vasto Marina. Cose nostre, più vicine e abbordabili. Dopo tutto, è sempre mare.
Non resta che rimuginare su ciò che, inascoltati, avevano proposto alcuni da almeno cinque anni: Preturo scalo per la protezione civile. Oppure per lo scorrazzo di qualche riccone. Al massimo, per uno sporadico charter casareccio pane e frittata con cipolle, e hostess con gambe storte incorporata. Tipo film di Fantozzi. Bei tempi quelli in cui da Preturo decollava Bud Spencer in volo a vela. Poi giunsero Obama, prime signore e vipponi da G8 e ci illudemmo che l’Abruzzo potesse avere due aeroporti. Ma se non riesce ad averne uno in salute…
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