Sfratti, un’emergenza sociale


Il fuoco degli sfratti era una fiammella che serpeggiava, sta diventando un incendio che infuria. Un’emergenza sociale tra il doloroso e il drammatico e che toglie il sonno a più di un politico e di un amministratore. La situazione è delicata e anche inquietante. Da un lato la legge e i suo rigore ineludibile: i fitti vanno pagati, case e map delle new town rappresentano un costo rilevante. Non ci sono solo i fitti, ma anche le bollette per i consumi. Non esistono scappatoie: chi consuma deve pagare ciò che ha consumato. Sui fitti, forse, si potrebbe cercare un escamotage e alla fine dovrà essere così, altrimenti saranno guai.
Si dirà che certe situazioni esasperate sono la conseguenza del terremoto, sono i punti deboli di una comunità che da cinque anni vive solo dolori, guai, problemi, ansie, lacerazioni sociali, fratture economiche purulente. Cresce il numero dei poveri: i vecchi poveri lo sono di più, i nuovi poveri lo sono in misura totale. Non riescono a mangiare ogni giorno. Vivono di elemosine. Tutto questo rappresenta una malattia della comunità, che non si sana tra risse politiche, invettive, scambi di insulti. Il sindaco Cialente ha scelto la strada meno facile: si ribella, alza la voce, invita lo Stato (se ne ha il coraggio…) a sfrattare, perché lui non lo farà. E quindi si espone a conseguenze giudiziarie che, supponiamo, avrà valutato.
Rimane lo sconcerto di doversi chiedere: è sopportabile che accada tutto ciò?
Non siamo uno stato sociale, come altri in Europa, ma a questo punto non siamo neppure uno stato civile, capace di garantire un minimo di dignità a tutti i cittadini e ai residenti accettati. Sentiamo dire che vengono assistiti profughi giunti da Lampedusa. Giusto. Ma come si può capire che loro vengano assistiti, e i poveri locali – davvero poveri come i profughi – siano gettati per la strada? Il fuoco divampa, non è più una fiammella.



17 Luglio 2014

Gianfranco Colacito  -  Direttore InAbruzzo.com - giancolacito@yahoo.it

Categoria : Editoriale
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