Mafie, dubbi, domande e… nuove regole


L’Aquila – (di G.Col.) – LA VERA NOVITA’ E’ LA LEGGE SULLA RICOSTRUZIONE – Novità autentiche? Solo due. Prima di tutto la legge sulla ricostruzione, che sta prendendo corpo grazie ad un manipolo di politici decisi: la vogliono fare e la fanno. Altro che cinque anni di chiacchiere della Regione chiodiana e della politica nazionale… In secondo luogo, l’annuncio della visita di Renzi a fine estate. Vuol dire che Roma, finalmente, prende in considerazione l’emergenza L’Aquila. Il resto? E’ routine, di rango magari, ma routine.
L’arrivo della commissione antimafia di cui è irriducibile condottiera Rosy Bindi (una esponente politica che Renzi, è evidente, non ha rottamato nella sua febbrile furia di rinnovamento) è servito a qualcosa. Prima di tutto, a conclamare che le penetrazioni mafiose nell’Aquilano (e forse anche in altre aree abruzzesi, pensiamo alla Marsica) ci sono state. Così la finiranno di raccontarci, come hanno fatto per anni, che nel nostro ambiente la malavita non c’era.
Questa rassicurante favoletta l’abbiamo sentita fino alla noia per almeno un paio di lustri. Sì, delinquenza ne abbiamo, con sparatorie e morti, droga e scorribande. Nell’Aquilano anche con inchieste su corruzione e ruberie. Ma la mafia no, quella da noi non c’è…
Invece c’era, almeno da un paio di anni, cioè da quando la Finanza indagava sui Casalesi, sugli apparti, sui cantieri. Ora è la Bindi a confermarci: le mafie sono arrivate con il terremoto, ed hanno anche messo radici.
Un’altra cosina l’abbiamo sentita: i retroscena malavitosi non dovranno impedire il flusso delle risorse per la ricostruzione. Più che una scoperta, è un auspicio, o meglio un buon proposito, non si capisce bene. Sarebbe ben sorprendente se solo ora i flussi di risorse, che non sono mai stati scorrevoli, regolari, periodici, diventassero certezze sulle quali contare, e dunque strumenti della ricostruzione.
L’ultima cosa che abbiamo sentito, da cittadini, è anche un capolavoro di assurdità, una italianata macroscopica di quelle che ci fanno ridere dietro l’Europa, fin dai tempi dei sorrisini ironici della Merkel e del suo poco degno amico Sarkozy, allora presidente della Francia. Poi semplicemente un politico indagato, ma questo non c’entra: ai politici indagati in Italia siamo più che abituati…
Abbiamo infatti sentito tutti proclamare solennemente che per cantieri, appalti, concessioni di lavori, occorrono nuove regole. Come dire che, se piove e hai con te l’ombrello, devi aprirlo. Il colmo, un’altra volta, di ogni ovvietà, la casa natale di monsieur De La Palisse. E se nel 2009 con la distruzione dell’Aquila e del suo dolente cratere , qualcuno si fosse chiesto: abbiamo regole valide per gestire il tanto denaro che verrà? Forse sarebbe stato meglio, anzi logico, quasi dovuto.
Ma, è chiaro, non se lo è chiesto nessuno. Addirittura, qualcuno contava su confusioni, scarsa trasparenza, meccanismi macchinosi e goffi.
Dovendo per forza fare buon viso a cattivo gioco, oggi siamo costretti a dire: meno male che stanno scrivendo nuove regole. Oppure: meno male che la Finanza ha scoperto le manovre dei Casalesi. Ma anche a domandarci perché queste regole non le hanno scritte prima, da sempre, da quando in Italia si ruba a mani piene. Da quando gli appalti li prendono sempre gli stessi, sui cantieri compaiono sempre i medesimi nomi. Da quando si sapeva (anni) che nei cantieri non lavoravano aquilani e imprese fuori dal giro. Da quando si mormorava, si sussurrava, si bisbigliava. Da quando cominciò il silenzio – strano davvero – dei sindacati sull’incredibile fenomeno della crisi edilizia, in una città tutta la ricostruire. Da quando si sarebbe dovuto rilevare che centinaia di operai arrivavano dal Casertano. Ma guarda un po’.
Se l’arrivo della commissione antimafia è servito a porre e a porsi dubbi e domande, e a cambiare qualcosa, è stata la banvenuta. Speriamo sia così.


16 Luglio 2014

Categoria : Cronaca
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