Province? Roma ci è, non ci fa…
L’Aquila – (di G.Col.) – SFUMA LA PAGLIACCIATA DELLE PROVINCE: IL GOVERNO NON EMETTE IL DECRETO – Giorni fa – domanda retorica – ci chiedevamo a proposito delle province: a Roma ci sono o ci fanno? L’8 luglio è arrivata la risposta: ci sono. Spieghiamoci.
L’8 luglio scadeva il termine per la ridefinizione delle funzioni delle province, “fatte fuori” con un provvedimento dell’8 aprile, il quale dava tre mesi di tempo per individuare funzioni, risorse, compiti, ambiti delle province.
Il decreto attuativo sarebbe dovuto uscire dai meandri romani (che tali restano, nonostante Renzi) l’8 luglio. Non c’è stato, e ora il premier fa sapere che lo emanerà entro luglio. A questo punto, benchè a Renzi tutti vogliano sinceramente dare fiducia, anche noi per carità, sorgono dubbi e scetticismi.
Legittimi, se permettete. Renzi non ha mantenuto alcune piccole promesse, come quella di venire a L’Aquila per conoscere tutti i suoi problemi. E le grandi? Ce n’è a sufficienza per nutrire qualche perplessità.
Ricordate mesi e mesi di storie (ridicole) in cui si parlava e straparlava di accorpamenti (L’Aquila e Teramo, Chieti e Pescara, per restare in Abruzzo), o di tagli parziali o totali (via tutte le province, resta solo L’Aquila…), via tutte e non ne resti nessuna. Pescara che si mangia Chieti, L’Aquila che digerisce Teramo.
Sindaci sul sentiero di guerra, il buon Di Primio con l’ascia in pugno lì, a Chieti, a difendere (giustamente) la sua città che Roma voleva far sparire e ridurre a sobborgo di Pescara. Un caos ridicolo, un’italianata delle peggiori, e poi… non accadde più nulla.
Ora – 8 luglio – doveva esserci il decreto per riformare le province, dotarle di nuovi organi (non eletti dal popolo che è sempre meno sovrano), soprattutto dire dove collocare i dipendenti e a quali risorse attingere. L’8 luglio Roma ha invece dimostrato che, appunto, non ci fa, ma ci è…
Infatti la desolata risultante di tutte le balle, le spacconate riformiste, e le fantasie sulle province è che, oggi, il Ministro Lanzetta esorta i presidenti a fare, a erogare servizi, a servire i cittadini. Ma dimentica , la signora, che le province non hanno più un euro. Chieti, più eloquente, guida la rivolta dei presidenti e dei sindaci (solidali) che non potranno spalare la neve, riscaldare le scuole, garantire le prestazioni ancora a carico degli enti-zombi, così come non hanno potuto finora sfalciare le erbacce lungo migliaia di chilometri di strade provinciali.
Viviamo in una totale incertezza istituzionale, in una transizione surreale che nessuno ha regolato e consentito con regole, mezzi e risorse.
C’è di più. Il 30 settembre si approssima. Dovranno esserci i vertici delle “nuove” province, che non sanno cosa dovranno fare, quali rapporti avere con le regioni e i comuni. Non sanno più chi sono e chi saranno. Una pagliacciata del genere non l’avrebbe saputa scrivere… Leoncavallo, ma neppure un autore sarcastico e sboccato da commedia plautina. Una storiella da ridere tipica di un paese che sicuramente desidera cambiare, ma senza cambiarsi neppure le mutande.
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