Patrizia e “la città che voleva volare”
L’Aquila – (di Angelo Fabrizi) – Di Patrizia Tocci, è uscito “La città che voleva volare”, Tabula fati, Chieti. I testi di questa raccolta muovono quasi sempre da paesaggi, vedute, incontri, visioni, da cui trarre frammenti di verità, insegnamenti,
meditazioni, come se la realtà, la natura esprimessero sensi profondi, lanciassero messaggi. Spazio privilegiato la raccolta dà alla città dell’autrice, L’Aquila, con le sue vecchie strette strade, i suoi selciati, il suo grigio in tutte le sfumature, con gli antichi bassorilievi di portali e rosoni: piccoli numi tutelari che ci proteggono nell’incerta navigazione
della vita. Un’antica porta della città evoca i suoi scomparsi abitanti, con le loro vesti colorate e la loro lingua incomprensibile. Un vecchio negozio di rigattiere ha lasciato il posto a una banca: un intero mondo, un secolo, anzi un millennio, è stato spazzato via. Sembra una profezia della catastrofe che poi ha colpito la città.E la poesia da che cosa nasce?
Dalla vita semplice, dai ricordi d’infanzia, dai ritmi della natura, dall’amore, dall’insonnia, dalla solitudine, ma essa è per sua essenza nascosta e imprevedibile, e forse è riposta in qualche punto del cielo.
Una forte vena intimistica, un continuo pensoso ripiegarsi entro di sé, uno scrutarsi attento sono le linee guida della scrittura della Tocci in questo suo ultimo volume di poèmes en prose (una prosa scarna e limpida). Lo animano ancora la tormentosa coscienza dello scorrere e svanire di tutto, dell’irrimediabile trasformarsi di costruzioni e paesaggi, e la sfiducia nel
mondo storico costruito dagli uomini. Unico rifugio, unica consolazione o correttivo a un bilancio così amaro si offrono i sogni e la poesia che li esprime, ovvero lo scrivere. Allo scrivere sono dedicate appunto alcune prose. Si può scrivere la sera quando tutto si sospende per un attimo, quando il silenzio permette di ascoltarsi, di strappare parole all’incuria e
alla fretta dei giorni. Alle due sezioni Intra moenia ed Extra moenia, che raccontano sostanzialmente attimi, profumi e luci della città, l’autrice ha aggiunto una terza parte, Dopo, nata appunto dopo il terremoto che ha colpito L’Aquila, il 6 aprile 2009. Vi domina lo sgomento per la morte che si è abbattuta sulla città, per le sofferenze della
popolazione che ha dovuto abbandonare i luoghi della propria vita, dei propri affetti, delle proprie abitudini: sono bastati venti secondi per distruggere i mondi che abitano in ognuno di noi. Ora le pietre tanto familiari, le case, le strade, i campanili, gli angoli nascosti, non parlano più. Solo polvere e silenzio ricoprono la città. Con caparbia forza tuttavia, ripete Patrizia continuamente, la città dovrà tornare alla sua vita di sempre, e ad essere quale era, fiera della sua antica bellezza,
amata e accogliente. È l’augurio di tutti.
(Nella foto: Patrizia Tocci)
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