Regione, l’Emiciclo riapre di lunedì


L’Aquila – (di G.Col.) – L’EMICICLO… DEI BARBIERI IN QUESTO GIORNO FACEVA SEMPRE FESTA – Nella nona legislatura alla Regione – almeno in ambito consiliare – erano tutti barbieri. Nel senso che il lunedì non volava una mosca, all’Emiciclo. Una comoda, sonnacchiosa prolunga del week end aperto con comodo alle 13 di ogni venerdì. Un pomeriggio per tornare a casa, un sabato e una domenica per risposare e pensare (magari non tutti, perché non è da tutti, come abbiamo visto), un lunedì per prepararsi ai sudori – remunerati da nababbi – della cortissima settimana politica.
Così andavano le cose nel tempo che fu, che pare lontano come l’orbita di Nettuno dal Sole. Altre facce, altri partiti, altri stili. Molte di quelle facce ci sono ancora, in aula, ma con altri ruoli. Consiglio comunque snello: trenta persone. Tanti soldi di meno, notano i ragionieri della critica politica.
Con la decima legislatura, che comincia oggi, tutto pare cambiare. Non le impalcature che sorreggono ancora (cinque anni dopo) parti del colonnato all’Emiciclo: certo, non sono l’emblema dell’efficienza. Se tanto mi dà tanto… Morto e imbracato anche il palazzo accanto, pure regionale, restaurato con spese faraoniche, dotato di un’aula inutilizzabile perché sbagliata, profondamente sconquassato dal terremoto. Quante domande che non avranno mai risposta possono formularsi.
L’era D’Alfonso è, a quanto pare, renziana anche sotto l’aspetto del lavoro. Tutti allo scanno (che per il momento resta placcato d’oro), tutti ai pulsanti, allo smart, alle sudate leopardiane (si fa per dire) carte. Circola voce alquanto allarmata che il presidente intenda lavorare anche quando il Sole è giovane e flebile: la mattina di buonora. Lavorare lui e far lavorare gli altri, che siano sudditi della giunta o del consiglio. Due palazzi che alla Regione Abruzzo hanno sempre camminato lungo itinerari diversi, secondo la convergenza parallela: sì, quella cosa insensata e criptica che inventò il misticheggiante Aldo Moro, uomo di sapienza e cultura, ma del tutto privo di limpidezza semantica. Non è fargli offesa ricordarlo così: Moro non lo capiva nessuno, forse neppure lui stesso riusciva a interpretarsi a fondo.
D’Alfonso è diverso. Idee chiare, decisionismo palpabile (anche se non craxiano), intenzioni precise e precisate. Rendere facile, o almeno migliore, la vita in Abruzzo. Ridare a chi lavora e produce ossigeno e possibilità di farlo senza morire di inedia, burocrazia, lentocrazia, paludi cartacee e altri scorpioni del genere. Aculei paralizzanti.
Bene, siccome dar fiducia – benché difficile – è un obbligo, diamola.
Oggi nasce la decima legislatura. Oggi primi discorsi, primi grumi di giornalisti impacchettati in ambienti tutti per loro, di fronte ad algidi quanto asettici schermi. Prime decisioni: il presidente del consiglio e i vice presidenti, l’ufficio di presidenza e così via. Presentazione della giunta, superflua perché la conoscono tutti. E programma del presidente. Hai detto poco…
La Regione nata il 25 maggio tra stenti, ritardi, pasticci sui risultati, innesta la prima e si muove, senza sgommare: non è nello stile di nessuno. Partito felicemente regnante con sostegno al titanio, il PD, che dà le carte. Definirlo magna pars è un eufemismo. Stappiamo almeno un mignon di champagne perché quando ci vuole, ci vuole, che diamine.
L’Abruzzo è come un degente ancora molto debole, rattoppato e sofferente. Promettergli una vita facile è impegnativo. Una cosina vorremmo ricordarla, sommessamente: quando si ha la forza dell’elettorato, tanto nitidamente manifestata, far bene è un dovere.
E, per chiuderla qui, L’Aquila – in particolare, come caso di emergenza mai finita – si aspetta tanto, ovvero ciò che le è dovuto dalla Regione e non ha mai avuto (in cinque anni di irreparabile frustrazione da sisma e da politica), sì dal presidente D’Alfonso, ma anche dal “suo” Giovanni Lolli, un’intelligenza politica recuperata con lucida intuizione di chi lo ha fatto.


30 Giugno 2014

Categoria : Politica
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