“Tradimento”, nessuno parla di giudici
L’Aquila – (Foto: in evidenza le mura dirute, simbolo della città espugnata moralmente – Sotto l’avvocato Stefano Rossi, Marchetti e la Curia, Alessandra Mancinelli nelle foto apparse sui giornali) – (F.P.) – I DIFENSORI PREFERISCONO CONFRONTARSI CON IL PM NEI PROSSIMI GIORNI – Si sono avvalsi della facolta’ di non rispondere alle domande dei magistrati due dei cinque arrestati nell’ambito della nuova inchiesta della Procura aquilana su presunte tangenti nella ricostruzione di alcune chiese e beni di proprieta’ della Curia arcivescovile. In particolare, a fare scena muta dinanzi al gip sono stati l’imprenditore Nunzio Massimo Vinci e la dirigente regionale del Mibac Alessandra Mancinelli, entrambi finiti in un video che secondo gli investigatori rappresenta la prova della consegna di una mazzetta da 10 mila euro quale anticipo di una tangente da 190 mila euro, l’1 per cento dei 19 milioni di euro dell’appalto per il recupero e il consolidamento della chiesa di Santa Maria Paganica.
L’appalto sarebbe dovuto andare a due imprenditori finiti agli arresti: lo stesso Vinci e Patrizio Cricchi. L’inchiesta, portata avanti dalla polizia e dalla finanza e coordinata dai pm Antonietta Picardi e David Mancini, mira ad accertare altre presunte dazioni di denaro per favorire imprese nella ricostruzione di altre chiese. In particolare ci sarebbero stati presunti accordi tra le parti in relazione anche nell’assegnazione in subappalto di altri lavori di beni sempre di proprieta’ della Curia. Oltre ai cinque arrestati nell’inchiesta denominata “Betrayal, ci sono sedici indagati.
I legali forniscono le loro spiegazioni.
“Non c’erano i tempi tecnici per valutare il fascicolo, molto voluminoso, che ritengo andra’ alleggerito di molte parti. Rinunciamo dunque all’interrogatorio di garanzia e preferiamo andare piu’ preparati giovedi’ all’interrogatorio davanti al pm David Mancini, come gia’ concordato”. Lo ha detto l’avvocato aquilano, Stefano Rossi (foto) legale di fiducia dell’imprenditore Nunzio Massimo Vinci.
Dello stesso tenore le dichiarazioni degli avvocati Mario Flammini e Franco Colucci, entrambi del Foro di Avezzano legali di fiducia della dirigente del Mibac, Alessandra Mancinelli. Fissati il 26 giugno, gli interrogatori dei tre indagati finiti agli arresti domiciliari. Si tratta dell’ex commissario per i beni culturali, Luciano Marchetti, l’imprenditore aquilano Graziano Rosone, ex vice presidente dell’Aquila calcio, accusato pero’ di millantato credito, e l’imprenditore Patrizio Cricchi. Complessivamente gli indagati sono 17, tra cui Fabrizio Magani, fino al 16 aprile scorso direttore regionale dei Beni culturali.
LA VICENDA CHE UMILIA LA CITTA’ – (G.Col.) – Il nome dice tutto: l’inchiesta sulle mazzette e sulla corruzione nella ricostruzione delle chiese aquilane (e a quanto sembra anche di cospicui patrimoni personali inguattati chi sa in quale luogo compiacente) si chiama “tradimento”. Una parola che brucia, anche se espressa in inglese, betrayal. Un’inchiesta infangante e cocente, che ha acceso ancora una volta il ventilatore capace di spruzzare sterco nei dintorni, ma soprattutto sul nome della città.
L’Aquila ha incassato un’ennesima sberla che ne lede l’onorabilità agli occhi dell’Italia, nonostante inchieste ben più dilanianti tipo Expo’ di Milano o Mose di Venezia. Passare però per la città in cui non si lavora se non ungendo ruote, è deprimente. Anche se qualcuno inarca le sopracciglia e mormora: da mo’… Da mo’ significa non da adesso. Che melanconia.
Inutile ricordare ossessivamente che nessuno è colpevole fino alla condanna. Oggi la magistratura inquirente utilizza tuttavia mezzi che lasciano poco spazio a dubbi e rèmore: documenti, filmati, video, registrazioni, intercettazioni. Ai processi si arriva, in molti casi, oberati da indizi che non lasciano scampo né spazio ai garantisti.
Oggi al palazzo di giustizia di Bazzano, così precario e di aspetto tanto provvisorio con i suoi colori azzurrini e giallini, come vi abbiamo riferito in apertura, erano possibili interrogatori noti come “di garanzia”: via alla sfilata degli indagati, all’andirivieni tra stuoli di fotografi e operatori imbizzarriti, alle pantomime degli avvocati, alle poco velate rampogne contro la stampa che, spesso, fa comodo additare come unica colpevole della rovina di galantuomini… I quali, immancabilmente, si dicono sereni ed esprimono fiducia nella magistratura. Frasari e schermature già viste. Tutti si proteggono accusando altri, insinuando scorrettezze nelle indagini, favoleggiando di accuse labili e incosistenti.
Oggi avrebbe dovuto toccare a due protagonisti dell’inchiesta: l’imprenditore Vinci e la funzionaria dei beni culturali Mancinelli. Che però hanno scelto di non parlare.
In seguito, ed è il più atteso, dovrebbe apparire l’uomo chiave, quel Marchetti dal pizzetto sale e pepe che fu vice commissario alla ricostruzione. Uomo potente e blindato da poteri forti, a cominciare a Bertolaso. Uomo in contatto (o connubio) con prelati ed eminenze grige dei palazzi romani da sempre ovattati nidi di indistruttibili potentati. Sarà tutto vero ciò che si dice di costui? Di sicuro anche a L’Aquila fu onorato e rispettato.
Le ipotesi di accusa per tutti sono gravi, dalla corruzione ai falsi. Una ridda, molti capi di accusa che potrebbero però nel corso degli interrogatori anche cambiare. In peggio o in meglio.
Se i colpiti da misure cautelari sono cinque, gli indagati sarebbero venti. Ma forse se ne aggiungerà qualcuno. Di situazione da indagato si parla, infatti, anche per Magani. Sotto la lente si trovano anche carte e altro, materiale portato via dalla sede della Curia, perquisita. Circostanza che la Curia non ha smentito.
Le ultime voci dicono chiaramente che i costi di certi interventi (S.Maria Paganica) dovevano lievitare fino a 30 milioni, dai meno di 20 ipotizzati, proprio per spremere denaro da far pervenire in capaci quanto insospettabili scarselle. Ma si sa, come dicono certi avvocati difensori, che talora si sussurrano malevolenze per alzare polvere, accusare qualcuno o scagionare altri. Scenari torbidi: betrayal appunto.
Chi ha tradito chi? Non lo sappiamo, lo sapremo. Chi sa quando.
Di sicuro agli occhi e nel cuore del popolo, di chi spreme lacrime sulle macerie aquilane e sui desolati scorci di un centro storico preda del sisma e degli uomini (tutte le case sono state depredate da ladri e vandali, tutte le intimità di vite cancellate sono state violate); negli occhi e nel cuore – dicevamo – è stampato a fuoco l’oltraggio di aver voluto lucrare denaro sulle chiese, sulle opere d’arte, sul tesoro frantumato che rendeva bella la città. Ne faceva un prezioso centro storico italiano, mai valorizzato e turisticamente proiettato, è vero, ma abbiente e signorile come l’antica Lisbona della canzone. Anche quella distrutta dal terremoto, ma nel tempo riedificata. Indecifrabili parallelismi dei destini.
Hanno rubato sulle chiese. Hanno fatto soldi o tentato di fare soldi sulla città delle 99 chiese e 99 piazze, che tante non sono mai state davvero, ma indossavano volentieri il diadema , la gentile diceria. Sono rimasta 99 cannelle, quelle ci sono e sono proprio 99. Grondano acqua o lacrime?
Il resto è polvere e detrito, prima solo materiale e dunque recuperabile. Oggi anche morale.
Ecco perché quello di in corso è un processo che rigira il bisturi nella piaga, nella signorilità vilipesa. E’ come strappare l’ultimo abito di un gentiluomo immiserito.
Betrayal: che nome azzeccato.
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